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La casa di Alberto Sordi apre al pubblico fino al 31 gennaio 2021

È stato un lungo e doloroso calvario, ma finalmente è successo: ha aperto al pubblico la mostra Alberto Sordi: 1920 – 2020 che celebra l’attore forse più caro a Roma, che ha incarnato e incarna la romanità per eccellenza, a cento anni esatti dalla sua nascita.

L’apertura delle porte era prevista per il 6 marzo scorso, ma la pandemia ne ha ritardato l’inaugurazione al 16 settembre 2020. La villa di Sordi, che è stata per quasi cinquant’anni la residenza dell’attore e della sua famiglia, custodita gelosamente, lontana dai riflettori e dalla vita pubblica, è stata oggi per l’occasione adibita a museo e sarà destinata ad accogliere migliaia di visitatori, come mai aveva fatto prima.

Noi di InGenereCinema.com l’abbiamo visitata in anteprima e vogliamo raccontarvi un po’ cosa si cela dietro le porte di Via Druso 45.

La mostra è articolata in tre sezioni. La prima è di certo la più carica di un’aura mistica e misteriosa, come quella che aleggiava intorno al Sordi privato, sconosciuto ai più, ed è l’area adibita all’interno della villa vera e propria. Una meravigliosa struttura nel verde delle Terme di Caracalla, costruita nei primi anni ’20 e acquistata da Sordi all’apice del suo successo, nel’54, per la modica cifra di dieci milioni in contanti. Si entra, quindi, subito nel vivo: negli spazi intimi dell’attore, e lo si fa passando attraverso la meraviglia del Teatro dei Dioscuri. Piccolo gioiello architettonico e artistico, voluto fortemente da Albertone e fatto costruire nello spazio in cui gli antichi proprietari della villa avevano situato la legnaia. Qui, negli anni della sua gioventù, Sordi riceveva i suoi amici, si esibiva per loro in piccoli spettacolini e invitava gli ospiti a fare altrettanto. Col tempo, però, la vita lo portò a diventare sempre più riservato e a scegliere di tenere quella meraviglia soltanto per sé. È da questa prima stanza che si percepisce subito l’amore di Sordi per il bello, per l’arte in tutte le sue forme [ed è proprio così, con statue che raffigurano le sette arti, che ha deciso di far impreziosire le pareti del suo meraviglioso teatro].

È passando oltre che si approda dentro la vera anima del nostro Alberto. Buttando, rapidamente e da lontano, un occhio alla palestra in cui amava tenersi in allenamento, carica di oggetti d’antiquariato, libri, foto e strumenti musicali, passando attraverso uno stretto corridoio, si arriva nel salone della casa. I curatori della mostra scelgono di dedicare questa zona – un tempo usata per i pasti – al Messaggero, quotidiano su cui Sordi scriveva e che amava sostenere anche economicamente come donatore [non troppo] segreto. Passando rapidamente di fronte un paio di teche dedicate alla sua Roma [e alla fascia da sindaco donatagli da Rutelli il giorno del suo ottantesimo compleanno] si può notare ancora una volta il meraviglioso gusto artistico dell’attore, godendo di tre straordinari De Chirico appesi al muro, esattamente lì dove lui amava tenerli.

È come se la mostra procedesse lentamente in un imbuto che vuole portare il visitatore sempre più all’interno del cuore di Sordi, dal generale verso il particolare, dal pubblico verso il privato, poiché è salendo al primo piano che si approda nel salotto, poi nello studio personale e, infine, nella camera da letto e nella barberia. Ed è strano, ma, nonostante ci si trovi nel tempio di una vera e propria divinità del Cinema e dello Spettacolo, guardare quel letto perfettamente rifatto è un po’ come sentirsi a casa.

Dopo un breve passaggio negli spazi esterni della villa, si entra nella seconda parte della mostra, adibita in una tensostruttura, che racconta gli esordi nella carriera di Albertone, dal 1923 al 1953, l’anno in cui verrà consacrato al successo con I Vitelloni. È qui che si entra in contatto con il Sordi artista, attraverso copioni manoscritti di monologhi, canzoni, spettacoli, foto di scena, manifesti teatrali di un tempo in cui quel nome – Alberto Sordi – scritto su carta, non riusciva ancora a scaldare il cuore di nessuno.

La terza parte, nell’ultima tensostruttura, ci racconta il Sordi cinematografico, in una meravigliosa sala che raccoglie gran parte dei suoi più famosi costumi di scena, l’Harley Davidson di Un americano a Roma e tutte [o quasi] le locandine dei film in cui ha lavorato. E pare proprio di vederselo lì, davanti a noi, interpretare contemporaneamente Gastone, Il vigile, il Marchese del Grillo, il Prof. Guido Terzilli, in una rimembranza così dolce eppure tanto amara, che ci ricorda giorno dopo giorno quanto questo meraviglioso personaggio manchi incredibilmente e così tanto a tutti noi.

Insomma, la mostra è certamente emozionante, ben articolata e racconta a 360° la figura di Sordi.

Dopo tutto il gran clamore, però, ce la aspettavamo, un po’ meno esigua: la visita è breve e snella, le stanze della casa visitabili sono poche e, nel complesso, è godibile in non più di un’ora, un’ora e mezza. Anche per quanto riguarda la tensostruttura dedicata al cinema, avrebbe potuto raccontare più storia e aneddoti per gli addetti ai lavori, ma rimane invece un bell’insieme di cimeli e memorabilia, sempre piacevoli da osservare, ma che raccontano poco del genio Sordi.

Nota negativa: i giardini della villa, da sempre descritti da tutti come meravigliosi, non sono visitabili, così come neanche la piscina tanto amata dal nostro caro Alberto.

Comunque, la mostra vale la pena di essere vista se si vuole godere di un bel tuffo nel passato e nel ricordo dei nostri anni d’oro del Cinema.

Irene Scialanca

Alberto Sordi: 1920 – 2020

Dove: Via Druso, 45, Roma

Quando: Dal 16 settembre 2020 al 31 gennaio 2021

Costi: Intero: 12€, Ridotto under 26 e over 65: 8€

Info: info@corperlacultura.it

InGenere Cinema

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