Capitolo numero tre della variante americana alla saga nipponica di Guinea Pig [di cui abbiamo parlato qui], sempre prodotto dalla Unearthed Films di Stephen Biro, che torna alla regia dopo aver passato il timone per il secondo episodio [Bloodshock, di cui abbiamo parlato qui] al collega Marcus Koch.
Constatando che il progetto stava riscuotendo un buon successo all’interno di una certa nicchia di estimatori, Biro tenta il salto di qualità e mette in piedi quello che vorrebbe essere il segmento più ambizioso. Anche a fronte di un crowdfunding capace di ottenere un considerevole numero di adesioni, l’obiettivo era quello di offrire sì la classica formula del puro e semplice torture-movie spinto fino all’eccesso, ma anche di confezionare un vero film che fosse una sorta di punto di non ritorno per l’intero filone demoniaco/esorcistico.
Già con il secondo capitolo era palese il tentativo di donare ad un prodotto simile quel quid in più sotto un punto di vista prettamente narrativo, ma in questo caso si prova a salire un gradino successivo. Il plot vede un padre che, in seguito alla possessione demoniaca della figlia, si suicida davanti a lei. La madre della ragazza decide così di affidarsi alla Chiesa ma, uno dopo l’altro, tutti gli esperti coinvolti finiranno per fallire di fronte alla potenza del Maligno.
Come da tradizione della saga la vicenda si svolge quasi interamente all’interno di un’unica stanza [in questo casa la camera della posseduta], dove il corpo della poveretta di turno verrà straziato con le modalità più disparate. Sotto questo punto di vista, il marchio American Guinea Pig conferma quanto di buono si era visto finora, affidando la consueta escalation di atrocità ad un comparto di ottimi effetti speciali rigorosamente old style, senza nessun intervento digitale [la scena in cui l’indemoniata vomita e rimangia le sue interiora basta da sola a far godere tutti i maniaci del Genere].
Purtroppo, però, i pregi finiscono qui e questo Song of Solomon si dimostra, a conti fatti, un brusco passo indietro rispetto a quanto visto con i primi due capitoli. Nel cast l’unica a salvarsi è la protagonista Jessica Cameron, mentre il povero Jim Van Bebber nei panni di un esorcista rasenta l’inguardabile.
La regia e la fotografia sono quanto di più piatto si possa immaginare, ma il peggio lo offre una sceneggiatura colma di situazioni ridicole e al di fuori d ogni logica che finiscono per strappare più di una risata involontaria, fino a un colpo di scena finale tanto telefonato quanto improponibile.
Cosa resta, dunque? Un’ora e mezza scarsa di ottimi effetti speciali che annegano lo spettatore in un bagno di sangue e poco altro. Se vi accontentate…
Lorenzo Paviano
–
AMERICAN GUINEA PIG: THE SONG OF SOLOMON
Regia: Stephen Biro
Con: Jessica Cameron, Jim Van Bebber, Gene Palubicki
Sceneggiatura: Stephen Biro
Produzione: Unearthed Films
Distribuzione: Unearthed Films
Anno: 2017
Durata: 86′