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Mostra del Cinema di Venezia 2020 – Report #07

MANDIBULES di Quentin Dupieux

Jean-Gab e Manu, amici stravaganti, vengono assoldati da un uomo per portare una valigia a un facoltoso signore. Durante il viaggio trovano una mosca gigante all’interno del bagagliaio della loro auto e decidono di abbandonare la missione iniziale per addestrare la mosca e diventare milionari. Nel fare questo, finiscono in casa di alcuni squinternati che ritardano il loro piano.

Quentin Dupieux, conosciuto al pubblico con lo pseudonimo di Mr. Oizo, DJ e regista cinematografico francese di fama internazionale, presenta Fuori Concorso il suo nono film, Mandibules [2020] una commedia surreale, sincera e genuina.

“Toro!”

Commedia frizzante e spensierata, come la vita dei suoi protagonisti. Una coppia di amici imbecilli che più che essere migliori amici assomigliano più a una coppia di neo sposini. Litigano sulla scelta del nome da dare alla loro mosca, e mentre Manu [Grégoire Ludig] pensa a come fare i soldi, Jean Gab [David Marsais] si affeziona a lei come una figlia.

Effetti speciali digitali e analogici si amalgamano alla perfezione contribuendo a infondere quel surrealismo materiale necessario alla riuscita della pellicola. Meritevole di essere menziona è la performance comica sopra le righe di Adèle Exarchopoulos nel ruolo di Agnès.

MISS MARX di Susanna Nicchiarelli

Eleanor, figlia minore di Karl Marx, dopo la morte del padre si trova travolta dall’impegno politico e dall’amore per Edward Aveling, un uomo del suo stesso partito incapace di auto gestire le sue finanze.

Dopo aver vinto il Premio Orizzonti per il miglior film alla 74ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con il film Nico 1988 [2017], Susanna Nicchiarelli, una delle più importanti registi italiane contemporanee, presenta in Concorso il film biografico Miss Marx [2017].

Sin dai titoli di testa del film, la Nicchiarelli grida potentemente punk, punk, punk merito anche del contributo musicale delle band Downtown Boys e Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo.

La camera si avvicina al volto di Eleanor [Romola Garai], intenta a fare il discorso funebre sulla tomba del padre appena defunto.

A differenza della sua precedente opera, siamo di fronte un film produttivamente più costoso. L’opera non empatizza con il pubblico che, passivo e distante, rimane distaccato da ciò che vede sullo schermo, colpa forse di una storia non particolarmente interessante. Sarebbe stato più curioso approfondire il rapporto tra Eleanor e i lavoratori delle fabbriche ispezionate, e il suo contributo politico al partito.

La forma evidenzia il talento artistico della regista che tende però a replicare la forma di Nico 1988 [2017] senza però riuscire a infondere la medesima carica emotiva.

Giulio Golfieri [RATS]

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