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CURON [creata da Abbate, Fachin, Galassi, Matano]

Quando si parla di nuove produzioni Netflix Italia, l’attesa si fa sempre fervente. Aleggia infatti un certo entusiasmo accompagnato dalla speranza che, finalmente, i prodotti seriali della nostra scena produttiva possano essere all’altezza di quelli del resto d’Europa, per non voler esagerare e allungare lo sguardo addirittura oltreoceano. Si spera, insomma, che prima o poi arriverà il momento in cui impareremo a districarci dalle nostre brutte e vecchie abitudini e a spiccare il volo verso un nuovo, brillante, accattivante modo di fare Televisione.

Dal primo momento in cui la produzione [Netflix e Indiana Production] di Curon è stata resa nota al pubblico, le nostre aspettative sono schizzate subito alle stelle: finalmente un prodotto italiano di Genere, calato in un contesto estremamente nostro – un piccolo paesino assorbito dalle sue stesse leggende, come in Italia ce ne sono a bizzeffe – con un cast rispettabilissimo, un reparto tecnico giovane e promettente e un pitch senza dubbio originale e accattivante. È per questo che, quando è uscito, ci siamo subito lasciati andare ad un binge watching matto e disperatissimo. Purtroppo, però, non è passato molto tempo prima che le nostre aspettative venissero completamente disilluse.

Ma prima di parlare del perché, un po’ di contesto: Curon è ambientata, appunto, a Curon, un paesino di poche migliaia di abitanti che realmente esiste tra le montagne in provincia di Bolzano. Anna [Valeria Bilello], che da quel paese se n’era andata poco più che maggiorenne per raggiungere Milano, decide di tornarci portandosi dietro i suoi due figli adolescenti [Daria, Margherita Marchio e Mauro, Federico Russo], per capire finalmente il motivo del suo incubo ricorrente: cosa è successo realmente la notte in cui è morta sua madre.

Anna, Mauro e Daria arrivano così nell’albergo di famiglia in cui ormai vive soltanto Thomas [Luca Lionello], padre di Anna, che non li accoglie precisamente a braccia aperte: a suo dire, a Curon succedono eventi inspiegabili che hanno a che fare con il lago che sommerge il vecchio paese, da cui ormai spunta soltanto un campanile. Insomma, non è un posto sicuro in cui stare.  Anna, però, è decisa a svelare il mistero che ha sconvolto la sua vita e, quindi, senza dare ascolto al padre, decide di restare a Curon, in cui dovrà scontrarsi con il suo passato e con le persone che ne hanno fatto parte.

Il primo, vero, difetto di Curon è che – nonostante sia vietato ai minori di quattordici anni – è a tutti gli effetti un teen drama mascherato da mistery. Il suo unico target possibile, quindi, sono gli adolescenti, quegli adolescenti a cui, però, per buona parte, sarebbe proibito vederlo. A parte questo dettaglio non trascurabile [poiché per chi si mette a guardare Shining e si ritrova invece Dirty Dancing il rischio di delusione è molto alto a prescindere, pure se Dirty Dancing è a tutti gli effetti un buon film], il problema è che – al di là di una fotografia e una ricerca di atmosfere che strizza l’occhio a Dark – di un nuovo, brillante e accattivante modo di fare Televisione, Curon non ha niente. Cade invece in tutti, e dico tutti, i nostri, italianissimi, vizi di cui proprio non riusciamo a liberarci quando facciamo Tv.

Seppure, come dicevamo, il pitch è interessante e le tematiche trattate sono eternamente attuali [quelle della lotta perpetua tra le due parti di un essere umano, tra l’uomo inteso come entità contraddittoria e il suo doppio] la sceneggiatura è incredibilmente scadente, approssimativa, poco lineare: accadono cose assurde, senza continuità temporale o credibilità riguardo il contesto in cui la serie è calata [ma come può ogni abitante di Curon, adulto e non, possedere e imbracciare un fucile in ogni momento? Siamo in Italia o in Groenlandia?].

Le regole del Genere, sacrosante e imprescindibili, che vengono fornite allo spettatore [non le citiamo per non fare spoiler] non vengono rispettate quasi mai e, anzi, sono plasmabili da personaggio a personaggio. Il risultato è l’inevitabile crollo della sospensione di incredulità, fondamentale affinché un prodotto di Genere faccia breccia nei cuori dello spettatore.

I dialoghi, poi, sembrano usciti dalla peggiore soap opera spagnola. Si è mai sentito un sedicenne parlare in quel modo? Pronunciare quelle frasi? Comportarsi come un gangster americano nei film degli anni ‘50?

Il tutto è condito da un montaggio che dà il mal di mare, una colonna sonora improbabile e una recitazione scadente da parte di tutti gli attori, nessuno escluso, anche quelli che, come Lionello e Bilello hanno una corposa lista di successi alle spalle. Tanto che deve esserci per forza un problema, oltre che certamente di scrittura, di direzione e di regia. Quest’ultima, poi, problematica anche perché in Curon manca totalmente una visione d’insieme, un’unità di immagine, un’uniformità di concetto.

Curon, insomma, è a tutti gli effetti la peggiore delle fiction, soltanto ben agghindata per voler sembrare altro. È la vecchia imbellettata di Pirandello, addobbata come una giovane, che a prima vista può far sorridere ma che, se ci si ferma a rifletterci su, sa comunicare soltanto un senso di tristezza: quella vecchia, conciata così, è schiava dei suoi stessi vizi.

Si illude che, nascondendo le sue rughe, potrà ingannare il suo giovane marito apparendo fresca e distesa. Così si comporta Curon, senza rendersi conto che il suo pubblico vede benissimo le sue rughe coperte, i suoi difetti malamente mascherati, i suoi vizi celati eppure così tristemente evidenti.

Restiamo ancora fiduciosi che, prima o poi, si riuscirà a produrre un prodotto di livello di cui poter godere e che dia nuove speranze alle sorti del nostro modo di fare Televisione.

Purtroppo, però, quel momento non è ancora arrivato.

Irene Scialanca

CURON

Ideazione e sceneggiatura: Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi, Tommaso Matano

Regia: Fabio Mollo, Lyda Patitucci

Con: Valeria Bilello, Luca Lionello, Federico Russo, Margherita Morchio, Anna Ferzetti, Alessandro Tedeschi, Juju di Domenico, Giulio Brizzi, Max Malatesta

Uscita Netflix in Italia: 10 giugno 2020

Produzione: Indiana Production

Distribuzione: Netflix

Anno: 2020

Durata: 7×50’

InGenere Cinema

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