Home / Recensioni / Delicatessen / JASON BOURNE – La saga

JASON BOURNE – La saga

bourne-matt-damonÈ la mattina del 14 marzo 1887. Un uomo si risveglia in un’abitazione a Norristown, in Pennsylvania, scoprendo subito di avere un enorme problema: quello su cui è sdraiato non è il suo letto e la stanza in cui si trova non fa parte della sua casa. Non ha la benché minima idea di dove si trovi e del perché sia finito lì. In un primo momento, il poveruomo potrebbe pensare di trovarsi nell’appartamento di qualche conoscente e che quelli siano i postumi di una notte passata a consumare eccessive dosi di alcol. Una spiegazione plausibile, ma del tutto errata: scopre che è marzo, mentre il suo ultimo ricordo risale al mese di gennaio, per l’esattezza al giorno 18. Non sa che cosa gli sia successo nell’arco di due mesi, ma ricorda tutto della sua vita prima dell’amnesia. Ricorda la sua occupazione, ovvero quella di predicatore evangelico, la sua residenza a Coventry nel Rhode Island, sua moglie, le sue due figlie e il suo nome… Ansel Bourne. Che si sia trattato di un rapimento?

Di nuovo, tutto ciò non spiega la totale amnesia. Una volta uscito dall’alloggio, la prima cosa che fa è quella di bussare alla porta più vicina che trova, che guarda caso è proprio quella del padrone di casa. All’apertura, la prima frase pronunciata dal padrone è “Buongiorno, Signor Brown”. “Come mi ha chiamato?”, chiede Bourne, sentendosi rispondere dall’uomo, dopo un attimo di perplessità, “Con il suo nome… Signor Brown”. Al che Bourne prosegue con una domanda inevitabile: “Chi sono?”. No. Chi sta leggendo in questo momento può tranquillizzarsi. Non si tratta della fantasia di qualche sceneggiatore o regista per dare vita ad un prequel della saga cinematografica di Jason Bourne, ambientandolo nell’800 [anche se di questi tempi, fra tanti prequel, sequel, reboot e la continua scarsezza di idee, non si può mai sapere]. Non c’è né avventura, né azione in tutto questo, ma solo un po’ di mistero. ansel-bourneSi tratta della storia di un personaggio realmente esistito ed uno dei primi casi documentati riguardanti il disturbo di fuga dissociativa, ovvero “un improvviso, inaspettato allontanamento dal proprio ambiente, con incapacità a ricordare il proprio passato, confusione riguardo alla propria identità e parziale o completa assunzione di una nuova personalità”. Un disturbo dovuto a esperienze traumatiche, che conducono il soggetto alla volontà di sottrarsi al trauma e a dimenticare. È per questo che il Rev. Ansel Bourne, dopo un viaggio a Providence, ha assunto l’identità di A.J. Brown, iniziando a gestire un emporio fornito di tutto, dai giocattoli ai mobili. Pare che prima di diventare un reverendo abbia condotto una vita del tutto diversa, definendo sé stesso “un acerrimo nemico di Dio” e che la sua conversione si sia verificata in un modo piuttosto traumatico. Si presume, quindi, che Robert Ludlum, autore della trilogia letteraria di Jason Bourne [pubblicati in Italia con i titoli Un nome senza volto, Doppio inganno e Il ritorno dello sciacallo] abbia preso ispirazione da questo personaggio nel corso delle sue ricerche, decidendo di omaggiarlo affidando lo stesso cognome al protagonista. L’immaginario Bourne è un individuo in stato di amnesia, dalle incredibili capacità di sopravvivenza e di difesa, intento a scoprire la sua vera identità e in continua fuga da assassini professionisti. Nel 1988 è stato realizzato il primo adattamento del romanzo, destinato alla televisione, interpretato da Richard Chamberlain e diretto da Roger Young, ma è stato agli inizi degli anni duemila che le avventure di Jason Bourne hanno cominciato a raggiungere un successo più ampio, grazie al desiderio di un regista particolarmente ispirato ad alcune vicende personali.

The Bourne Identity [2002]

the-bourne-identity-poster-italianoAll’inizio degli anni 2000, il regista Doug Liman è riuscito a realizzare un sogno nel cassetto: portare sul grande schermo uno dei suoi romanzi favoriti, ovvero Un nome senza volto [The Bourne Identity]. La storia segue le vicende di un uomo [Matt Damon] ritrovato nelle acque del Mar Ligure da un peschereccio italiano, con ferite di arma da fuoco alla schiena e in stato di completa amnesia. L’unica traccia per scoprire la sua identità è una piccola capsula contenente un numero di conto bancario svizzero, estratta dalla sua pelle. Una volta giunto a Zurigo e alla banca, trova in una cassetta di sicurezza una grossa quantità di denaro, una pistola e una serie di documenti falsi, in uno dei quali vi è scritto quello che probabilmente è il suo vero nome: “Jason Bourne”. Costantemente braccato da assassini senza scrupoli, Bourne viene aiutato da una giovane nomade, Marie Kreutz [Franka Potente], per raggiungere Parigi, luogo di ulteriori indizi riguardanti la sua vera e scomoda identità. Come accennato inizialmente, Liman ha avuto profondamente a cuore l’intero progetto e nonostante sia un fan del romanzo si è discostato ampiamente dalla storia originale, modernizzandola [con l’inserimento di internet e della telefonia mobile] e prendendo soprattutto ispirazione da fatti riguardanti suo padre e il suo lavoro presso la National Security Agency, utilizzandole per caratterizzare alcuni personaggi, in particolare il capo di Operazione Treadstone, Alexander Conklin [Chris Cooper].

THE BOURNE IDENTITY, Franka Potente, 2002, © Universal

THE BOURNE IDENTITY, Franka Potente, 2002, © Universal

Durante la lavorazione, ci sono state delle tensioni fra Doug Liman e la Universal Pictures, con il risultato di sequenze riscritte e poi rigirate, come ad esempio l’osannato inseguimento con la Mini Cooper un po’ malandata per le strade di Parigi, oppure quando Bourne usa il cadavere di un uomo corpulento per buttarsi giù dal quinto piano, nella tromba delle scale di un palazzo, riuscendo a sparare in testa ad un killer durante la caduta [e uscendone solo leggermente ammaccato, naturalmente]. Forse è proprio per questo che il film risulta avere le scene più inverosimili della serie. Non mancano anche dei momenti poco chiari, quasi senza senso, come quando Bourne decide di togliersi la giacca a vento che indossa durante una fuga nella gelida e nevosa Zurigo: forse per non essere riconosciuto da chi lo sta braccando? Potrebbero riconoscerlo proprio perché ne è sprovvisto! Nonostante tutto ciò, il risultato è un buon action-thriller, brutale, intelligente, con un pizzico di autoironia [la scena in cui Bourne “addestra” inutilmente Marie per recuperare informazioni da un hotel di Parigi] e un Matt Damon a suo agio fra azione e dramma.

The Bourne Supremacy [2004]

the-bourne-supremacy-posterCapita, alle volte, che nel momento in cui si pensa a personaggi iconici del grande schermo, il pensiero venga accompagnato dal motivetto che li ha caratterizzati per tutto il film. È il caso di Indiana Jones o di Superman, ad esempio, dove si pensa inevitabilmente ai temi scritti da John Williams, oppure a James Bond, dove torna alla mente il tema di Monty Norman e John Barry. Alle volte ad accompagnarli non è un tema, ma una vera e propria canzone scritta appositamente per la pellicola. E così, quando si pensa al Jason Bourne cinematografico, nella testa cominciano a risuonare le prime note di Extreme Ways di Moby, presente durante i titoli di coda di The Bourne Identity e riproposta per questo The Bourne Supremacy, probabilmente su decisione del nuovo regista ingaggiato: Paul Greengrass. E da quel momento, non può esistere un film di Bourne senza questa canzone finale. Greengrass, scelto per sostituire Doug Liman dopo gli scontri con la Universal, prosegue nel narrare le vicende dell’ex assassino Jason Bourne, ambientandole due anni dopo gli eventi del primo film. Bourne vive con Marie nel Goa, in India, lontano dagli occhi della CIA. I pochi ricordi riaffiorati sono dei brevi flash della sua vita da sicario, ma tutto il resto rimane un vuoto totale.

jason-2Qualcuno, però, è intenzionato a farlo uscire allo scoperto, sguinzagliando il killer russo Kirill [Karl Urban] per eliminarlo definitivamente, ma non prima di averlo incastrato per un crimine collegato a una missione passata. Jason si vede quindi costretto ad abbandonare il suo ritiro e a dare la caccia a sua volta a chi ha nuovamente stravolto la sua vita. Greengrass lavora su una sceneggiatura originale [nonostante il titolo sia lo stesso, il film si discosta totalmente dal secondo romanzo di Ludlum] e innalza il livello rispetto al precedente capitolo, rendendo il tutto più intenso e veloce, con un Matt Damon temuto, freddo e vendicativo. Lo stile imposto del regista è chiaro: camera a spalla, movimenti e montaggio frenetici, inquadrature ravvicinate. Il tutto conferisce una visione più realistica [specialmente nell’immancabile scena dell’inseguimento finale], che alle volte, però, non permette di seguire al meglio certi punti [le inquadrature della lotta fra Damon e Marton Csokas sono troppo traballanti!], ma che conferisce allo spettatore un senso di attaccamento maggiore, conducendolo verso il finale più toccante dell’intera saga.

The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello sciacallo [2007]

the-bourne-ultimatum-poster-italianoQualcuno avrebbe dovuto dire al titolista della Universal Pictures Italy che The Bourne Ultimatum, nonostante il titolo, non è basato sul terzo romanzo di Robert Ludlum. Qualsiasi spettatore estraneo ai libri, uscendo dalla sala dopo la visione, si sarà chiesto confuso “Ma alla fine, questo sciacallo… dove stava? Chi era?”. È un errore non da poco, che si poteva facilmente evitare. Lo “Sciacallo”, nei romanzi, è il principale antagonista di Jason Bourne, ed è ispirato al vero terrorista Ilich Ramírez Sánchez, detto appunto Carlos lo Sciacallo. Nei film non vi è alcuna traccia di lui! In The Bourne Ultimatum, il giornalista Simon Ross [Paddy Considine] sta indagando sul passato di Bourne e sulle vicende che l’hanno portato allo scoperto dopo il suo ritiro in India. Ross non sa del pericolo a cui sta andando incontro, in quanto il vice direttore della CIA, Noah Vosen [David Strathairn], è intenzionato ad eliminarlo per evitare il divulgare dei loschi segreti dell’agenzia. Jason, dopo aver letto un primo articolo di Ross, decide di rintracciarlo per conoscere la sua fonte e aggiungere un altro pezzo al puzzle della sua memoria, che lo condurrà a risolvere l’ennesimo mistero su come sia diventato l’arma perfetta che tutti temono. Il film è una parentesi aperta e inserita fra le ultime scene del precedente episodio.

bourne-matt-damonPaul Greengrass dirige quello che da molti è considerato il capitolo migliore, dove tutti i nodi [o quasi] vengono al pettine. Riconferma il suo stile documentaristico, con l’immancabile macchina da presa in continuo movimento, traballante. Una tecnica che, come accennato per Supremacy, solitamente non è molto amata in certi momenti, dove sembra creare solo confusione. Nonostante questo, riesce comunque ad infondere realismo a quello che poteva essere un semplice action-thriller tradizionale, dove i momenti di respiro sono relativamente pochi. L’intenzione di Greengrass è stata quella di chiudere il cerchio, scegliendo di alludere ad alcuni momenti cruciali dei precedenti episodi [l’incontro con il Professore – un killer interpretato da Clive Owen – e i vari momenti con Marie], rendendo la pellicola uno specchio, una finestra dalla quale vedere il passato, prima di chiudere i conti in sospeso.

The Bourne Legacy [2012]

the-bourne-legacy-posterPuò esistere un film di James Bond… senza Bond? O un film di Indiana Jones senza di lui? Dopo la realizzazione di The Bourne Ultimatum, Matt Damon è stato categorico: non prenderà parte ad un altro film della serie, se non con Paul Greengrass alla direzione. E allora come può proseguire un franchise così redditizio senza questi due elementi? Solitamente potrebbe scattare, per l’appunto, “l’operazione James Bond”, ossia scritturare un altro attore e procedere con l’avventura successiva. È accaduto per altri franchise, come quello di Batman, ma a volte l’attore che interpreta il personaggio lo rende talmente iconico che guai a cambiarlo. E così, la Universal ha optato per raccontare uno spin-off, una storia parallela agli avvenimenti della terza pellicola, che vedono protagonista Aaron Cross [Jeremy Renner], un membro di Outcome, ossia un programma che potenzia le abilità fisiche e mentali dei soggetti arruolati. Dopo la divulgazione al pubblico dei programmi Treastone e Blackbriar da parte di Jason Bourne [Damon, che appare solo in fotografie], Cross è costretto a fuggire dall’ennesimo tentativo della CIA di cancellare ogni traccia dei loro sporchi affari, questa volta sotto le direttive del Col. Eric Byer [Edward Norton]. Nel mentre, dovrà anche trovare una particolare sostanza in grado di completare il suo potenziamento, e l’unica in grado di fornirgliela è la Dott.ssa Marta Shearing [Rachel Weisz], anche lei scomoda agli alti funzionari dell’agenzia.

marta-shearing-rachel-weiszSe la trilogia di Jason Bourne è sinonimo di azione, The Bourne Legacy, diretto da Tony Gilroy, è sinonimo del contrario: su circa due ore di film, solo dieci minuti sono dedicati ad essa e il resto sono solamente pesanti dialoghi chilometrici. Il film è ben girato e recitato, ma senza alcuna tensione. Renner porta sullo schermo un supereroe che mette k.o. i suoi avversari in una frazione di secondo, togliendo intensità e senso di sfida. Un tipo qualunque che, al contrario di Bourne, fa trasparire poca umanità e le cui azioni e motivazioni poco importano allo spettatore. Insomma, una pellicola mediocre che non avrebbe dovuto avere nel titolo il nome “Bourne”.

Jason Bourne [2016]

jason-bourne-posterA nove anni di distanza da Ultimatum, il desiderio di Matt Damon è stato esaudito e Paul Greengrass è tornato dietro la macchina da presa, nonostante la sua intenzione iniziale fosse quella di chiudere il cerchio con il terzo capitolo. Sono passati quasi dieci anni da quando Jason Bourne ha divulgato i programmi black operation della CIA. Da allora si nasconde in Grecia, guadagnandosi da vivere prendendo parte ad incontri di lotta clandestina. Sembra che ormai i suoi ricordi più importanti siano riaffiorati, ma quando Nicky Parsons [Julia Stiles] si rimette in contatto con lui dopo aver trovato dei file collegati alle operazioni a cui ha preso parte e nuove informazioni sul suo passato [in particolare riguardanti il padre], Jason si ritrova ancora una volta braccato da uno spietato assassino [Vincent Cassel], su direttiva personale del direttore Robert Dewey [Tommy Lee Jones], e dovrà risolvere quello che forse è l’ultimo grande enigma della sua vita. Inutile dire che non manca lo spettacolo, con una scena di combattimento iniziale che sembra rendere omaggio alla sequenza di apertura di Rambo III di Peter McDonald. E non possono mancare anche una serie di inseguimenti molto viscerali ed eccitanti [uno di questi durante una rivolta ad Atene] che catturano istantaneamente chi assiste, come anche le scene finali di lotta corpo a corpo. Insomma, tutto quello che ci si aspetta da un film di Bourne.

lasset-vincent-casselPurtroppo, questo episodio tanto atteso si rivela il più debole, in quanto l’ennesimo segreto da risolvere risulta essere troppo banale, poco fantasioso e appiccicato con forza alla lista dei precedenti già risolti. Anche le nuove losche figure che riaffiorano dal passato sembrano incastrate con estrema pressione, riconfermando il sudicio mondo all’interno di questa CIA fittizia [oppure no?]. E non aiuta di certo la poco interessante sotto trama relativa al programma EXCOON, in grado di tracciare e spiare tutti i server americani, che occupa gran parte della pellicola e porta ad una serie di burrascose frenate, distogliendo l’attenzione dalla vendetta personale del protagonista. Non è di certo lo stesso risultato di Legacy, ma di sicuro è meno avvincente rispetto alla trilogia originale, lasciando con il dubbio su come sarà un eventuale [e forse finale] capitolo.

Luca Pernisco

InGenere Cinema

x

Check Also

FANTAFESTIVAL 44: I vincitori!

  Annunciati i vincitori della XLIV edizione del FANTAFESTIVAL: Pipistrello d’Oro al ...