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I NUOVI MOSTRI: Evoluzione delle icone horror nel nuovo millennio [Parte 4: Dracula, il vampiro]

vampiro1“Un nosferatu non muore come ape dopo che ha punto. Diviene solo più forte, e così più forte, ha ancora più potere per operare male. Questo vampiro che è tra noi ha, da solo, la stessa forza fisica di venti uomini. Sua astuzia è più che mortale perché sua astuzia cresce con passare di anni. Ha ancora aiuto di necromanzia, che è, come sua etimologia dice, la divinazione per mezzo di morti, e tutti i morti che lui può avvicinare sono a suo comando. È bestiale, anzi più che bestiale! È demonio insensibile, senza cuore. Entro certi limiti può apparire quando e dove vuole e in una qualsiasi di sue forme. È anche in grado di dirigere gli elementi in sua zona di influenza: la tempesta, la nebbia, il tuono. Ha il dominio di tutti gli esseri più bassi: il topo, la civetta e il pipistrello e poi la falena e la volpe e il lupo; può crescere e diventare piccolo; a volte può sparire e diventare invisibile.” Con queste parole, Abraham Van Helsing, professore emerito, filosofo metafisico, conoscitore dell’occulto e soprattutto, famigerato “ammazzavampiri” descrive e introduce il più spaventoso mostro che la cultura fantastica può vantare: il Vampiro.

vampiro3Era il 1897 quando lo scrittore irlandese, Bram Stoker, pubblicò quello che diventerà uno tra i più influenti testi della letteratura gotica mondiale, ovvero Dracula, dal quale è tratto il brano sopra citato. Con un linguaggio innovativo per l’epoca, Stoker, prende spunto da radicate credenze popolari che vogliono creature sinistre aggirarsi nella notte in cerca di sangue umano. Costruisce così un romanzo polifonico e semi-epistolare, profondo, laido e visionario. Tuttavia, l’origine di questo personaggio magnifico e oscuro non è da ricercare solo nelle superstizioni e nelle favole, poiché possiede anche una matrice di tipo storica. La figura di Dracula, infatti, è stata ricalcata dal suo autore direttamente da quella del terribele Vlad III imperatore di Valacchia, detto “l’Impalatore”. Dracula è per Bram Stoker colui che ha sconfitto la morte, colui che vive nelle tenebre e che si nutre del sangue sottratto a creature viventi nell’ora più oscura della notte, quando il sonno rapisce le coscienze. Un solo morso per ridurre gli esseri umani a corpi vuoti, senz’anima, condannati ad un eterno vagare sulla terra, ben peggiore della morte.

vampiro2Il cinema non poteva non innamorarsi di un personaggio talmente affascinante, attraente e repulsivo allo stesso tempo, che rese sensuale la morte, il sangue e le tenebre come nessun’altro. La settima arte, difatti, ha riproposto l’argomento vampiresco con innumerevoli adattamenti a partire 1922 con il capolavoro di F.W. Murnau, Nosferatu – il vampiro. Il regista tedesco non ottenne i diritti del romanzo di Stoker – si racconta non volesse pagare il dovuto alla vedova dello scrittore – ma con alcune accortezze, riuscì a infondere nella sua pellicola la quinta essenza del Dracula, pur facendo a meno dei nomi e delle ambientazioni del romanzo. A tal proposito, non si può non menzionare il bellissimo remake che Werner Herzog realizzò nel 1979 dal titolo Nosferatu – il principe della notte. Senza dubbio tra le trasposizioni migliori del testo di Stoker, riletto e reinventato da un autore personale, coraggioso e spericolato. Ad interpretare il Conte, un disturbante Klaus Kinski, attore feticcio di Herzog, reso incredibilmente simile al misterioso e sinistro Max Schreck, protagonista della pellicola di Murnau. Kinski incarna un vampiro che soffre di solitudine e che arde di desiderio per la bella Lucy, l’indimenticabile Isabelle Adjani. Sarà proprio l’amore a uccidere il mostro, ma non a fermare il Male, il quale nella versione del regista tedesco, non appartiene solo al vampiro, ma prospera e sopravvive nell’avidità e falsità dell’uomo.

Ben presto – negli anni trenta – anche Hollywood mise mano su questo straordinario materiale realizzando una serie di sette film con nei panni del Conte un magistrale Bela Lugosi. L’attore ungherese, con l’aiuto fondamentale del regista Tod Browning, propose Dracula come uomo/mostro elegante, dalle maniere raffinate, melanconico e appartenente all’alta società. Questa splendida serie prodotta dalla Universal permetterà ad altri mostri classici, come Frankenstein o l’Uomo Lupo, di confrontarsi con la creatura di Stoker, ed esserne addirittura assoggettati.

Impossibile, inoltre, non ricordare la versione violenta, crudele e a colori prodotta dalla britrannica Hammer nel 1958, nella quale a interpretare il vampiro della Transilvania fu chiamato Christopher Lee, che sarà Dracula per ben sette volte.

Film e volti entrati di diritto nell’immaginario di ognuno di noi, fatto di canini sporgenti, mantelli svolazzanti e castelli diroccati in cima alle colline in tempesta. Ma il cinema non si è fermato dal trattare l’argomento e con scadenza ciclica ripropone pellicole nelle quali rivive il mito del vampiro.

Qui di seguito abbiamo scelto quattro film che possono rappresentare la mutazione che il vampiro ha subito in questi ultimi anni e come questo sia ancora – nonostante tutto –  la creatura fantastica più affascinante mai concepita.

Sigla!

Dracula di Bram Stoker [1992]

dracula-coppola1Negli anni novanta è un gigante del cinema a confrontarsi con il mito del vampiro: Francis Ford Coppola. E lo fa attingendo a pieno mani dal testo di Stoker. Il regista de Il Padrino non si limita in nulla, proponendo il cinema al massimo delle sue potenzialità. E’ semplicemente un film grandioso, con un senso delle immagini ancora oggi moderno e poderoso, nel quale sesso, morte, religione, desiderio, bene e male si mescolano fino a sciogliersi in un’unica sostanza torbida, eppure squisita.  Coppola mostra per la prima volta, l’esigenza di raccontare l’uomo prima del mostro. Chi era il Conte prima di diventare vampiro e cosa lo ha spinto a rinnegare Dio, a sfidarlo e a trasformarsi nella bestia succhia sangue solitaria che tutti conosciamo, costretta a vivere in eterno una vita senza vita.

dracula-coppola2Le pagine di Stoker prendono vita e assumono il tono del grande cinema, fatto d’interpretazioni magistrali – su tutti Gary Oldman, splendido Conte –, di scene memorabili e di trovate di messa in scena – compreso costumi e make-up, evidentemente – assolutamente indimenticabili. Pesate solo alle versioni che Coppola propone di Dracula: vecchio e cagionevole, giovane e seduttore, licantropesco e mostruoso, desideroso di sangue. Ognuna di queste immagini è entrata ormai nella storia del cinema, mutando la figura del vampiro, rispettandone, tuttavia, l’origine, la storia e l’autore che fu capace di creare un personaggio di tale spessore.

Twilight saga [2008]

twilight1Twilight vuol dire “crepuscolo” e difatti con la saga inaugurata nel 2008 da Catherine Hardwicke, la figura del vampiro tocca il punto più basso della sua carriera cinematografica.

Borghese, sdolcinato, involontariamente ridicolo, senza nessun fascino sinistro e con il look di un componente qualsiasi dei One Direction. Ecco, questo è il vampiro per Twilight, o sarebbe più corretto usare il plurale, visto che nel film ce ne sono tantissimi, addirittura famiglie intere [sic!]. La saga che vanta ancora oggi migliaia di sostenitori convinti, assoluto fenomeno mediatico, in soli quattro film riesce a distruggere tutte le caratteristiche tipiche del nostro amato succhiasangue, costruite e difese in centinaia di pellicole e rifacimenti. Reso pop e innocuo – il vampiro è vegetariano! – brilla alla luce del sole come uno Swarovski, va alle superiori, fa a botte – ma neanche troppo convintamente – con dei nativi americani affetti da licantropia [può apparire assurdo, ma è letteralmente così] ma soprattutto, ama, disperatamente.

twilight2Tutto quello che accade, lo fa in nome della relazione tra Bella e Edward. Un amore impossibile, data la profonda diversità dei due – in fondo Edward è morto! – che presto si trasforma in melò di serie zeta nel quale i vampiri emergono come personalità positive, “solari” e dai principi cattolici – avete capito bene! – incrollabili.

Non è bastato cambiare regista per tre volte – si sono avvicendati dopo la Hardwicke, Chris Weitz [New Moon], David Slade [Eclipse] e Bill Condon [Breaking Down 1 & 2] – per restituire un po’ di dignità “vampiresca” a questo progetto, anzi, ogni cambio ha sortito l’effetto opposto, sprofondando sempre di più inesorabilmente verso il ridicolo. Un vero e proprio pasticcio, quasi offensivo, che farebbe rigirare nella tomba il povero Stoker.

Dracula Untold [2014]

draculauntold2Ennesimo fallimentare tentativo da parte degli Studios di rilanciare il franchise del Signore delle Tenebre. La Universal, che negli anni trenta ha contribuito a creare il mito cinematografico di Dracula, asseconda la scellerata tendenza contemporanea a declinare tutto secondo i principi dei cinecomics. Universi condivisi da più personaggi, azione, effetti speciali e umorismo, tanto umorismo. Questa la ricetta Marvel che tanto bene ha fatto alle casse Disney negli ultimi anni. “Perché non provarci con i mostri classici?” si sono detti e il risultato, dispiace a dirlo, è un vero pastrocchio.

Se apprezzabile è il tentativo di porre l’attenzione sull’uomo che si cela dietro il mostro, Vlad III “L’impalatore”, l’ostentazione e la spettacolarizzazione action, male si concilia con il mito creato da Stoker.  Troppo fantasy e troppo poco horror, il film diretto da Gary Shore mostra tutti i limiti di una visione forzatamente prona alla conquista della modernità e del consenso. Essenzialmente trattenuto nella violenza, mai realmente esplicitata persino in combattimento, il Dracula formato blockbuster di Shore oscilla continuamente tra i Generi, senza così riuscire a prendere una posizione chiara e definitiva.

draculauntold3L’effetto, a lungo andare, è straniante e persino stancante, anche se ci si trova dinanzi ad una durata di appena 90 minuti.

Anche questa volta, ciò che sorprende è la disinvoltura con la quale si sfrutta la figura del vampiro, rendendolo volutamente altro da sé. Rivisitazioni di questo tipo impoveriscono la cultura fantastica, minando uno dei suoi personaggi più importanti. I mostri classici non sono gli X-Men e male, malissimo si fa a depauperare in questo modo un immaginario così profondo in nome di una modernità di dubbio gusto.

Solo gli amanti sopravvivono [2013]

sologliamanti4Elegante, romantico, decadente, poetico e pieno di musica. Questo è il cinema di Jim Jarmusch e, i suoi vampiri, gli somigliano moltissimo. Insieme a Lasciami entrare di Tomas Alfredson, Solo gli amanti sopravvivono rappresenta, senza dubbio, la più riuscita rielaborazione a tema vampiresco degli ultimi anni.

La visione del cineasta di Soho, restituisce un’idea del mostro sofisticata, con una grande e naturale predisposizione all’arte, alla musica, alla letteratura o, in una solo parola, alla bellezza.

Il vampiro è calato in epoca contemporanea – un po’ come accade in Addiction di Abel Ferrara – ma, nonostante il suo aspetto giovane e bello, vaga in questo mondo da centinaia di anni. Questa condizione è raccontata da Jarmusch come la più insopportabile delle maledizioni, ancora più difficile da gestire delle “sete di sangue”. Assistere al disfacimento progressivo della società che si ripiega su sé stessa e ignora la bellezza che la circonda, è il fardello più pesante per i due splendidi protagonisti di questo film: Tom Hiddleston e Tilda Swinton. Tutto crolla intorno a loro e questo stato d’animo sembra trovare la perfetta sintesi estetica nella città di Detroit: teatro della nostra vicenda ed emblema di un capitalismo sfrenato che si sgretola.

sologliamanti3Solo l’amore restituisce il senso di esistere ai nostri vampiri, che si amano da cent’anni e forse più. Che si sono separati per buona parte di questi, ma che non possono concepire l’eternità se non fianco a fianco. Tuttavia, la dolcezza di questo sentimento non rende umani i due non-morti. Jarmusch dimostra di conoscere bene la mitologia vampiresca e non commette questo errore. Il Male che alberga in loro, non può essere sconfitto dalla loro unione, né tantomeno placato da scelte razionali e socialmente accettabili, come ad esempio, l’utilizzo di una banca del sangue che gli consente di nutrirsi senza fare vittime. Il vampiro non può dominare la sua natura, ma al contrario ne è assoggettato. Tutti gli sforzi che produce per esercitare questo controllo, non sono altro che la sofferta e lenta presa di coscienza della propria mostruosità. Il finale di Solo gli amanti sopravvivono esalta questo concetto e restituisce allo spettatore quel senso di disturbo sinistro dalla straordinaria forza attrattiva. Il vampiro è una bestia che non ha nostalgia della propria umanità. Magnifico.

Paolo Gaudio

InGenere Cinema

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