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LOVE MARILYN – I DIARI SEGRETI di Liz Garbus

lovemarylin1Formula che vince non si cambia. Una formula che come abbiamo già visto in passato ha dato i suoi frutti, diventando una vera e propria strategia distributiva che ha permesso a moltissimi documentari di successo [e non solo] di approdare nelle sale italiane: da Marley a Project Nim, passando per The Sugar Man. Tre giorni, vale a dire settantadue ore: tale è il tempo concesso dalla Feltrinelli Real Cinema al pubblico nostrano per recarsi in una delle 36 sale del circuito The Space Cinema per gustare sul grande schermo, dal 30 settembre al 2 ottobre, Love, Marilyn – I diari segreti. Se ciò non fosse possibile, ci pensa la consueta versione in home video con tanto di booklet in allegato [il volume di 80 pp. firmato da Erica Arosio dal titolo “La macchina soffice”], disponibile a partire dal 9 ottobre, a dare una seconda chance per recuperare l’intenso e toccante ritratto che Liz Garbus ha dedicato all’intramontabile Norma Jean Baker, meglio conosciuta come Marilyn Monroe.

A cinquant’anni dalla sua tragica dipartita, avvenuta il 5 agosto del 1962 in una villa di Brentwood, un quartiere residenziale di Los Angeles a causa di un’eccessiva somministrazione di sedativi [un’overdose di barbiturici], la diva delle dive rivive in un biopic che ne ripercorre l’esistenza dentro e soprattutto fuori dal set, rivelando al pubblico il vero volto che si nascondeva dietro quella scintillante ed eterea maschera che per anni era stata costretta a indossare per farsi largo nel patinato, maschilista, superficiale, spietato e ipocrita mondo dello spettacolo. Una vita, la sua, vissuta tra croci e delizie alla spasmodica rincorsa del successo e alla continua ricerca di un amore idealizzato e mai trovato [quello per Arthur Miller e Joe DiMaggio] . Non è un caso che dichiarò più di una volta che per lei: «essere felice è difficile come essere una brava attrice».

lovemarylin2Su questi due binari esistenziali si muove in parallelo anche il documentario diretto dalla regista statunitense, non nuova a biografie di successo come quella sull’indimenticabile campione del mondo di scacchi Bobby Fischer [Bobby Fischer Against the World]. Per scardinare la corazza pubblica e penetrare nei luoghi più intimi dell’animo della donna prima che dell’attrice, la Garbus sceglie una chiave privata e il racconto in prima persona. Il risultato è una “radiografia” che mette a nudo entrambe le facce di una stessa medaglia. Il tutto reso possibile da un fiume inarrestabile di parole, pensieri in libertà e riflessioni a mente aperta, riemersi recentemente da un paio di scatole rivenute per caso in un magazzino di Los Angeles, che restituiscono alla platea una Monroe inedita e diversa da quella che il riflesso distorto della Settima Arte e dei mass media ci ha restituito fino a questo momento. Quella immortalata in Love, Marilyn è una persona reale e vera, con pregi e difetti, divisa tra forza e insicurezza, amore e carriera, spodestata dal piedistallo sulla quale era stata messa: una moglie che si era battuta per conciliare lavoro e famiglia, un’attrice che usò il sesso per andare avanti nella carriera e lo fece in maniera imperturbabile, un’artista che lottò per essere presa sul serio e lavorò senza sosta per affinare la sua tecnica, una saggia donna d’affari che manipolò lo Studio System a suo vantaggio. La Marilyn mostrata dalla Garbus è quanto di più vicino ci possa essere a un comune mortale: lavoratrice infaticabile, amante devota, donna d’affari combattiva, amica generosa e leale – così come il loro rovescio: la prima donna, l’adultera, la pedina di uomini potenti, la compagna inconsistente.

La cineasta affida quei suoni e le emozioni che ne scaturiscono ad un gruppo eterogeneo e nutrito di colleghe contemporanee di fama internazionale [da Elizabeth Banks a Glenn Close, da Lindsay Lohan a Uma Thurman, da Marisa Tomei a Evan Rachel Wood] che, facendo propri i brani e gli estratti a loro affidati, ci guidano verso una più profonda comprensione del suo percorso, interpretandone le parole. A tal proposito, quella di non far impersonare alle attrici la figura di Marilyn, sollevandole di fatto dall’arduo compito, è per quanto ci riguarda la scelta più intelligente che si potesse fare. Il contrario avrebbe probabilmente influito in maniera negativa sulla natura di un progetto che, al di là di una rilettura personale operata da ciascuna di loro, non sarebbe stato in grado di sostenere qualcosa di diverso da un tentativo spontaneo di immedesimazione. Così, attingendo a scritti, diari, poesie e lettere redatte a mano dalla stessa Monroe, ai quali si va ad affiancare una serie di testimonianze realizzate per l’occasione con giornalisti, biografi e addetti ai lavori, oltre ad una ricca raccolta d’archivio [estratti di film, interviste audio e video, fotografie, articoli e copertine di giornali, servizi televisivi, ecc…], che sottolinea per l’ennesima volta la straordinaria capacità della Garbus di documentarsi e di far coesistere in assoluta simbiosi i materiali più disparati, e ad emergere è quel lato segreto e oscuro che assume via via che si compone i contorni di una parabola esistenziale. Solo in questo modo, l’ultima fatica dietro la macchina da presa della regista americana riesce a combinare la sfera pubblica con quella privata, senza che la prima fagociti come spesso accade in operazioni analoghe la seconda.

lovemarylin3Ancora una volta dei diari segreti legati alla memoria e alla vita della celebre attrice si tramutano nel tappeto drammaturgico di un film che, nel caso di Love, Marilyn, nulla hanno a che fare con una messa in scena interamente ricostruita a tavolino come accaduto nel pur pregevole My Week with Marilyn di Simon Curtis, con una straordinaria e intensa Michelle Williams nelle vesti di Marilyn [ruolo che le è valso la vittoria agli Independent Spirit Awards 2012 e le nomination all’Oscar, al Golden Globe e ai Bafta nello stesso anno]. La Garbus fa un uso ricorrente di grafiche un po’ troppo artificiose e invadenti quando va a completare il green screen dietro le attrici [soluzione che ci sentiamo di non condividere], ma per il resto assembla il racconto umano e professionale della protagonista rimanendo saldamente aggrappata alla verità degli scritti fedelmente custoditi nella raccolta “Fragments” [carta canta], cosa che non è confutabile invece nella pellicola di Curtis, a sua volta tratta dal diario personale scritto da Colin Clark nel 1957 durante le riprese de Il principe e la ballerina, dove svolgeva il ruolo di aiuto regia, che dei fatti narrati potrebbe essere una versione romanzata. Il film del regista inglese racconta la settimana che la Monroe trascorse in Gran Bretagna per le riprese, e dei momenti trascorsi proprio con Clark dopo che l’allora marito dell’attrice, ossia Arthur Miller, lasciò il Paese per dissapori. Ne viene fuori una biografia parziale che si concentra su un lasso di tempo limitato, mentre la Garbus lavora a tutto campo, coprendo in ordine cronologico [salvo un breve reminder che a metà ci riporta all’adolescenza] le tappe principali nella vita della protagonista.

Per il resto, Love, Marilyn può contare su un buon ritmo e su un parco attori di altissimo livello [purtroppo la decisione da parte della distribuzione italiana di ricorrere all’over sound non rende giustizia alle loro interpretazioni], oltre all’apporto tecnico e alla sensibilità di una delle documentariste più complete del panorama internazionale, il cui merito sta nel fatto di essere riuscita a comporre un ritratto su una delle figure più influenti del XX secolo, gettando su di essa una nuova luce. Cosa non facile, se si pensa che sulla Monroe è stato detto talmente tanto e praticamente con qualsiasi mezzo di comunicazione.

Francesco Del Grosso

LOVE, MARILYN – I DIARI SEGRETI

3.5disc copy.

Regia: Liz Garbus

Data di uscita in Italia: lunedì 30 settembre 2013

Con: Elizabeth Banks, Adrien Brody, Glenn Close, Paul Giamatti, Lindsay Lohan, Uma Thurman

Sceneggiatura: Liz Garbus

Produzione: Stanley Buchthal, Liz Garbus, Amy Hobby

Distribuzione: Feltrinelli Real Cinema

Anno: 2012

Durata: 107’

InGenere Cinema

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