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LA MASCHERA DEL DEMONIO di Mario Bava

demonio

Terzo appuntamento con le schede tratte dalla Breve storia del cinema horror italiano di Gordiano Lupi.  Questa volta riscopriamo uno dei capolavori del maestro del gotico italiano: La maschera del demonio di Mario Bava.

Il primo lavoro da regista di Mario Bava è La maschera del demonio [1960], ancora oggi uno dei più celebrati. Si tratta di un film gotico che ha per tema una strega che torna in vita per vendicarsi, girato in bianco e nero ma dotato di una stupenda fotografia, importante per un buon horror. Le caratteristiche del gotico classico si fondono all’abilità fotografica del regista che crea un bianco e nero suggestivo, un perfetto racconto per immagini di un evento soprannaturale.

La storia prende le mosse dalla scoperta di un sarcofago con il corpo di una strega [Barbara Steele] all’interno di una cappella abbandonata nel bosco, le gocce di sangue del dottor Kruvajan [Andrea Checchi] cadono sulla defunta e la riportano in vita. Barbara Steele consegna alla storia del cinema di genere una grande interpretazione nel duplice ruolo da protagonista che la vede sia come strega che nei panni della pronipote oggetto della vendetta. Dopo questa pellicola l’attrice inglese verrà consacrata vera e propria icona del cinema horror. Una delle immagini memorabili del film è il marchio a fuoco della strega quando le viene applicata sul volto la “maschera del demonio” irta di punte metalliche.

La storia è tratta molto liberamente da Il Vij di Gogol e sceneggiata da Ennio De Concini

Il film ha un successo incredibile in America e in Francia, meno apprezzato in Italia, dove l’horror stenta ad affrancarsi dall’etichetta di cinema di serie B. In Inghilterra ha problemi con la censura per alcune scene di violenza ed erotismo. Bava rende esplicita sin dalla prima opera la scelta di seguire i canoni del fantastico letterario e anche nei lavori successivi cerca l’aiuto di sceneggiatori come Alberto Bevilacqua per trasporre capolavori di Gogol, Maupassant e Merimée. Il regista romano ambienta quasi tutti i primi film in periodi storici che vanno dal 1500 al 1800, rispettando i canoni di un cinema gotico lanciato dalla casa inglese Hammer e dalle case produttrici d’oltre oceano.

La maschera del demonio fa venire a mente la strega che non muore tra le fiamme ma torna in vita e seduce dalla tomba nascosta nella foresta. È un film impregnato di sadismo, necrofilia, erotismo e sensualità. Per dirla con Teo Mora è il trionfo del fantastico dell’erotismo. La pellicola saluta la nascita di un maestro del genere e sarà proprio questo primo film a immortalare Bava come un cantore del genere fantastico. Il regista sperimenta anche il western, il mitologico-fiabesco, il fantascientifico, persino il sexy, ma dimostra di trovarsi a suo agio con le creazioni fantastiche.

Nel 1990, il figlio Lamberto Bava realizza un remake meno riuscito con lo stesso titolo, in realtà è una nuova storia a metà strada tra fantasy e gore, ma ispirata al racconto di Nicolaj Gogol. Deborah Caprioglio non è Barbara Steele, Stanko Molnar è bravo, ma Lamberto non è Mario e l’ambientazione contemporanea non è troppo riuscita. Gli effetti speciali di Sergio Stivaletti sono apprezzabili, mentre il figlio non tenta di rivaleggiare con il padre, ma conferisce una nuova direzione horror al vecchio racconto.

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