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INSIDIOUS – LA PORTA ROSSA di Patrick Wilson

L’Altrove e gli spiriti inquieti che lo popolano tornano su grande schermo per un quinto e – pare – conclusivo capitolo, che riporta in primo piano la famiglia Lambert. Dopo i drammatici fatti di Oltre i confini del male – Insidious 2 [James Wan, 2013], i Lambert avevano preso l’importante decisione di cancellare dalla memoria di Josh [Patrick Wilson] e di suo figlio Dalton [Ty Simpkins], attraverso l’ipnosi, ogni ricordo riguardante la loro capacità di vivere viaggi astrali e di poter interagire con le anime dei defunti. Nei loro viaggi nell’Altrove, Josh aveva rischiato di perdere prima il suo piccolo e poi sé stesso, quando un’anima malvagia era riuscita a insinuarsi nel suo corpo fisico, mentre quello astrale era in viaggio, mettendo in pericolo tutta la sua famiglia.

Questa scelta di abbassare un pesante velo su questi spaventosi trascorsi non sembra, però, essere stata la scelta più azzeccata fatta dai Lambert. A 10 anni di distanza li ritroviamo fiaccati e smarriti: il matrimonio tra Josh e Renai è finito, lui ha da poco perso sua madre e Dalton, che sta per iniziare il college, non lo sopporta.

La distanza, sia fisica che emotiva, spingerà entrambi verso il segreto oscuro che hanno deciso di celare a loro stessi. Josh e Dalton vivono quotidianamente un senso d’angoscia inspiegabile e le nuove vite che stanno tentando di costruirsi sono destabilizzate da visioni e incubi inquietanti e sempre più presenti. La presenza più mortifera è quella di una porta rossa che infesta i grandi fogli da disegno del giovane Lambert. Una porta rossa che potrebbe essere un nuovo accesso al mondo dell’Altrove, ma anche l’ingresso che potrebbe permettere ad altre anime inquiete di far ritorno nel mondo dei vivi.

Insidious – La porta rossa dovrebbe rappresentare il canto del cigno della prima delle saghe targate Wan che hanno provato a raccontare la ghost story in chiave contemporanea.

L’altra [e a parere di chi scrive la più affascinante e a fuoco] è quella di The Conjuring, spostata indietro nel tempo e protetta dallo scudo del “tratto da una storia vera”, condivide con la saga dell’Altrove un elemento essenziale: Patrick Wilson, che anche lì è uno dei due coniugi protagonisti [i Warren] che hanno a che fare con l’occulto.

La cosa probabilmente più affascinante di questo La porta rossa è il vedere come la factory che orbita attorno a Wan e a Jason Blum sia sempre in fermento: il progetto Insidious era nato da un’idea di Leigh Whannell, che lo ha sceneggiato e ha interpretato uno dei personaggi rimasti maggiormente nel cuore dei fan nell’arco dei quattro episodi precedenti, ma che ne ha anche curato la regia nel terzo episodio, Insidious 3 – L’inizio [2015]. Ora il timone del film passa addirittura a Wilson, al suo esordio da regista: un passo importante per l’attore, che però pesa decisamente sulla struttura del film.

Due, infatti, sono le cose che maggiormente balzano all’occhio de La porta rossa, sia volendo valutarlo come film a sé stante, sia come parte di un’importante saga horror contemporanea.

Innanzitutto l’estrema semplificazione del linguaggio filmico. Non ci sono trovate briose o d’ingegno, non c’è rischio tecnico o artistico, anche se il film non lascia a digiuno gli amanti del jumpscare più meccanico e sterile, per quanto funzionale. In secondo luogo – nota forse ancor più amara – non passa inosservata l’ingiustificata mancanza di caratterizzazione dell’Oscuro: il regno dell’Altrove si insinua all’interno del nuovo Insidious come una sorta di strano déjà-vu quasi fine a sé stesso. Alle strane location nebbiose, sospese tra realtà e Aldilà, non fanno eco gli spettri spaventosi e marcatamente riconoscibili che erano stati un po’ il marchio di fabbrica della saga. Ritornano, anzi, proprio quelli che avevano avuto a che fare con Dalton e suo padre, ma in apparizioni fugaci e insipide, mentre davvero poco si fa per rendere incisive le nuove presenze inquietanti.

È chiaro a tutti che il vero spettro da combattere in questo capitolo sia quello di una famiglia non più unita, quelli di un padre assente e di un figlio anaffettivo; che l’Altrove rappresenti un viaggio nel tempo per tornare a riscoprirsi veri e uniti, e accettarsi per quelli che si è senza dover nascondere nemmeno i propri lati più inquietanti e weird. Ma la decisione di far diventare palese questo discorso già molto leggibile, rinunciando a una parte fondamentale del lavoro fatto finora non è di certo la scelta più scaltra.

La porta rossa è l’altra faccia del viaggio di salvataggio che Dalton aveva compiuto nel secondo capitolo, per riportare il padre a casa. Un viaggio che chiude un cerchio lungo e prolifico, che ha riportato in sala oltre a una sana tensione da ghost story, anche atmosfere oniriche alla Nightmare on Elm Street, ganci a Poltergeist e una fotografia innaturale e argentiana, rimodellando tutto attraverso la doppia guida della cura del dettaglio e della sagacia del marketing.

Qui qualcosa salta nell’una e di conseguenza mal funziona nell’altra. La cosa salta all’occhio presto e rimane in testa per tutta la durata del film.

Va benissimo raccontare il rapporto padre-figlio attraverso le linee narrative e i meccanismi di un horror e funziona anche il ritmo altalenante che regala molti momenti narrativi alla ricostruzione psicologica dei profili dei due protagonisti, ma sembra mancare quasi del tutto una forza orrorifica e un interesse a creare meraviglia nel riportare in vita ancora una volta un mondo innaturale che ci si aspetterebbe in un ultimo capitolo di saga, soprattutto se firmato da chi a questa saga [e a questo gruppo di lavoro] è legato davvero da tanto tempo.

Luca Ruocco

INSIDIOUS -LA PORTA ROSSA

Regia: Patrick Wilson

Con: Patrick Wilson, Rose Byrne, Ty Simpkins, Adrew Astor, Lin Shaye

Uscita in sala in Italia: mercoledì 5 luglio 2023

Sceneggiatura: Scott Teems

Produzione: Screen Gems, Stage 6 Films, Blumhouse Productions

Distribuzione: Sony Pictures

Anno: 2023

Durata: 107’

InGenere Cinema

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