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NON APRITE QUELLA PORTA di David Blue Garcia

Se esiste un gotha dell’immaginario horror universale a cui il concetto di saga calza stretto è proprio il caro, vecchio Leatherface. Nel lontano 1974 il capostipite di Tobe Hooper non aveva eroine pronte a combattere le loro nemesi e non raccontava la classica genesi di un boogeyman, piuttosto si poneva come il resoconto di un massacro brutale, immotivato e terrificante.

Quando anni dopo lo stesso Hooper si ritrovò a dare un seguito al suo capolavoro, mise subito in chiaro che il marchio Texas Chainsaw Massacre voleva rappresentare in primo luogo un concetto [la famiglia, la provincia americana dimenticata] e un simbolo [Leatherface, la motosega], estremizzando tutto verso l’eccesso e una grottesca esplicita satira sull’America stessa. Già allora il trademark dimostrava di porsi in modo diverso a come si evolvevano e prendevano vita le altre icone del Genere [i vari Freddy Krueger, Michael Myers, Jason Voorhees e compagnia]. Poi sono arrivati gli anni ‘90 e la saga ha cercato continuamente di rebootarsi, senza mai riuscire a creare una propria continuità. Non è un caso che l’unico momento in cui narrativamente c’è un’esplicita consequenzialità è con il dittico prodotto dalla Platinum Dunes [che comunque non si imponeva di proseguire ma appunto di raccontare in modo più sensato gli inizi].

Nonostante il buon successo complessivo di quest’ultima operazione, si decide di non continuare, i diritti passano di mano e si ricomincia di nuovo da capo: prima un inguardabile capitolo in 3D [che aveva l’ambizione di porsi come verso e unico sequel di Hooper] e poi ancora il Leatherface di Bustillo & Maury, che nel tentativo di raccontare una storia diversa risultò un altro buco dell’acqua.

Da quel momento la saga si ritrova in un limbo produttivo durato anni, dove il nuovo progetto è rimbalzato sotto mille mani e mille riscritture.

Fino a finire alla Legendary, che grazie all’impegno distributivo di Netflix ha tirato fuori questo nuovo episodio. Il primo a finire direttamente in streaming, che in un certo senso ricalca l’idea iniziale del precedente capitolo in 3D, ovvero tentare di essere una sorta di mix tra reboot e sequel, esattamente come l’Halloween di David Gordon Green. E proprio a questo sembra guardare il soggetto del premiato duo Fede Alvarez/Sayagues, spostando tutto cinquanta anni dopo gli eventi del primo e gettando un gruppo di insopportabili influencer in una cittadina fantasma sperduta nel Texas, che appunto fu teatro del massacro e dove si nasconde ancora il redivivo Leatherface, pronto riprendere in mano la sua reboante motosega. Quello che non sa è che la sopravvissuta al primo film è ancora viva e da quel giorno assapora la sua vendetta.

Da questo già scricchiolante plot si dipana una sceneggiatura di una stupidità disarmante, che sceglie sempre la trovata più assurda e ridicola per portare avanti la storia e si rivela capace di buttare via anche quelle poche idee interessanti che poteva avere [una final girl sopravvissuta ad un massacro in un liceo, una frecciata acida verso i nuovi radical 2.0 tutti click e followers]. Nonostante tutto questo faccia pensare all’ennesima debacle per il povero Leatherface, il regista David Blue Garcia sceglie la carta migliore ed ecco che quel disastro di partenza diventa solo una semplice guida per spingersi verso la mattanza più incontrollata e gratuita. Ed è la scelta più azzeccata, perché dopo un primo atto pietoso il film ingrana la quinta ed inizia a dispensare momenti ultragore a più non posso, senza lasciare un attimo di tregua per riflettere sul tappeto di scemenze in cui si muove.

Scene come l’evasione di Leatherface o il il massacro sul bus degli influencer [in assoluto il momento madre del film] sono così gioiosamente esplicite che gli amanti dello splatter più goliardico non potranno che applaudire. Tutto si mantiene scarno e compatto [escludendo i titoli di coda e la brevissima scena post credit, il film non arriva ad un’ora e un quarto] che il tempo di annoiarsi e riflettere su cosa si stia vedendo non c’è praticamente mai. Se da un lato è vero che sarebbe lecito aspettarsi di più quando un marchio così importante viene scomodato, dall’altro bisogna ammettere che la chiave giusta per godersi un prodotto simile è quella di è approcciare alla visione come si fa con quei filmetti da cassetta tanto sciocchi quanto onesti che non si sforzano per mascherarsi di altro e che non rimarranno nella memoria, ma che non fanno neanche rimpiangere il tempo che gli si dedica.

Raffaele Picchio

TEXAS CHAINSAW MASSACRE

Regia: David Blue Garcia

Con: Mark Burnham, Elsie Fisher, Jacob Latimore, Sarah Yarkin, Moe Dunford, Nell Hudson, Olwen Fouere, Alice Krige

Sceneggiatura: Chris Thomas Devlin

Produzione: Legendary Pictures, Bad Hombre, Exurbia Films

Distribuzione: Netflix

Anno: 2022

Durata: 83′

InGenere Cinema

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