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DRACULA [creata da Mark Gatiss e Steven Moffat]

Il Dracula BBC/Netflix muove i primi passi dal romanzo epistolare di Bram Stoker, del 1897. Una storia destinata a segnare la storia del Genere Horror, oltrepassando in breve tempo i confini della narrativa, per trasformarsi apocrifamente nelle cupe immagini di Nosferatu il vampiro di Murnau [1922].

Vero. La miniserie in tre lunghe puntate ideata da Mark Gatiss e Steven Moffat inizialmente ripercorre con una certa precisione le tappe del romanzo di Stoker: dall’arrivo di Jonathan Harker nel castello di Dracula, passando per l’acquisto delle proprietà londinesi da parte del conte transilvano, per la prigionia del giovane impreparato ad affrontare un vampiro, al viaggio in nave per portare nella capitale europea la Morte più nera. Ma il Dracula da pochi giorni disponibile su Netflix fa il lavoro che un adattamento [o un remake] deve fare in maniera assolutamente libera e spregiudicata. Mostra di conoscere bene il corpus letterario, smontato e rimontato dai due autori, di sapere come e dove appigliarsi, quando serve, ma lo utilizza a suo piacimento e, dopo aver dato l’illusione di voler ri-raccontare la storia dello scrittore irlandese in modo abbastanza classico, ne prende le distanze in maniera plateale.

Il Dracula BBC/Netflix, interpretato dall’attore danese Claes Bang, si ispira a quello interpretato da Cristopher Lee in Dracula il vampiro firmato da Terence Fisher nel ’58 per la Hammer.

Sì, anche stavolta qualcosa di vero c’è. Le atmosfere gotiche e oscure dei primi due episodi, gli occhi rossi iniettati di sangue che si accendono sul volto del conte quando sta per attaccare o i suoi denti appuntiti, irregolari e antiestetici, a contrasto con l’aspetto composto e affascinante di Dracula. Un Dracula vanesio e tenebroso, come quello di Lee ma anche di Bela Lugosi, nel suo aspetto più giovanile, ma che nella sua anziana forma iniziale si collega direttamente a quello interpretato da Gary Oldman nel Dracula di Bram Stoker [1992] di Francis Ford Coppola, a cui rimandano anche le unghie lunghe, spesse e non curate. Tanti rimandi e collegamenti che, però, anche stavolta portano come risultato finale alla libertà più totale. Il conte di Bang è caratterialmente molto più incline all’ironia, anche involontaria, e alle contraddizioni. Meno monolitico di quanto il suo aspetto voglia far credere. Non conosce lui per primo l’essenza stessa del suo essere vampiro. Non sa gestire la sua esistenza eterna, fatta di paura di andata e di ritorno. Ugualmente fa la sessualità e il genere del protagonista, la cui duplicità e fluidità si fa molto più palese rispetto a qualunque versione del conte stokeriano pensato fino ad oggi e la sua ricerca di una “sposa” perfetta [non forzatamente di sesso femminile] è uno dei leitmotiv dell’intera miniserie.

Questo Dracula del 2020 è un Dracula strano, irriverente, spiritoso, un prodotto per certi versi un po’ troppo libero per altri molto cerebrale. Un movimento continuo, che porta il personaggio, la storia e le idee a rimbalzare disordinatamente tra picchi alti e altri molto bassi. Pur conservando, ad esempio, una qualità di dialoghi sempre molto buona.

Tre episodi da 90’, tre registi [Jonny Campbell, 1° episodio, Damon Thomas, 2° episodio, Paul McGuigan, 3° episodio] e tre strutture differenti e che in maniera diversa si rapportano al romanzo di partenza e dai predecessori filmici più iconici.

Il primo, “Le regole della Bestia”, è quello più direttamente collegato con il materiale narrativo iniziale. La storia dell’arrivo di Harker [John Heffernan] è, però, raccontata dallo stesso Jonathan durante una sorta di deposizione che l’uomo fa a suor Agatha [Dolly Wells, forse il personaggio più a sorpresa dell’intera operazione], una volta fuggito dal castello e rifugiatosi in un monastero di Budapest.

Come succederà anche per il secondo episodio, quindi, la storia del primo episodio di Dracula è raccontata su due piani temporali: quello ambientato in convento con Harker che racconta delle sue disavventure a suor Agatha e quello, in flashback, ambientato nel castello di Dracula, con Harker che arriva in Transilvania e si ritrova, con grande sorpresa, a diventare prigioniero di un vampiro.

Anche l’episodio 2, “Veliero di sangue”, è raccontato su due piani fisici e temporali: quello ambientato nel castello del vampiro, dove stavolta i protagonisti di un’assurda partita a scacchi sono proprio Agatha e Dracula, e quella in flashback che racconta nei dettagli il viaggio del conte sulla nave che lo condurrà in Inghilterra. Si tratta dell’episodio più riuscito della serie: quello in cui i due creatori si allontanano con decisione dal materiale stokeriano, di fatto creando tutto di sana pianta partendo solo da piccoli riferimenti o momenti di passaggio del romanzo. Gran parte del corpo narrativo dell’episodio si riassume in un’indagine da giallo classico [ricordandoci che i due creatori sono sceneggiatori dell’ottimo Sherlock BBC, riferimento a cui sembra rimandare anche una battuta della suora co-protagonista nell’episodio precedente, “A Londra ho un amico detective”], ma con l’omicida già palesemente chiaro per il pubblico fin dall’inizio.

Il terzo e ultimo episodio, “La bussola oscura”, con un salto di oltre 100 anni in avanti nel tempo, porta Dracula nel mondo contemporaneo e la miniserie a naufragare tristemente in una chiusa poco interessante, troppo votata all’ironia e alla rivoluzione forzata e non organica contro il materiale narrativo di riferimento [è, ad esempio, la puntata dedicata al personaggio di Lucy, una giovane tutta frivolezza e social, ma comunque assai sviluppato, contrariamente a Mina che qui è il personaggio meno utile per la storia].

Il terzo episodio si dilunga in situazioni non riuscite e poco utili, cerca di trovare soluzioni e spiegazioni al mito stesso del Vampiro, ma non riesce davvero a fornire allo spettatore niente di epifanico e sorprendente, anzi. Tutto l’esperimento, fino a questo momento interessante, si dissolve in una sorta di lunga puntata di serie horror-comedy alla Lucifer, con un horror [e un vampiro] che morde ma non troppo, non spaventa e non fa ridere.

Peccato, perché di cose buone ne erano state seminate tante: a partire da quel “Il sangue è vite.”, che Dracula si porta dietro come motto [figliato dal più classico “…è vita.”] sin dal primo episodio e che è l’unica cosa che trova una spiegazione concreta e accettabile nella chiusa. Passando poi per la ridefinizione degli stessi non-morti [che siano o no “principi della notte] e, per gli amanti dell’effetto più grafico, una soluzione molto affine al body-horror che mostra le trasformazioni di Dracula in modo vampirescamente inedito. Una vera possessione di corpi, in cui il vampiro riesce ad infilarsi, come indossando un costume di carne e sangue: la trasformazione da lupo in uomo, davanti al convento, ricorda quella mitologica del licantropo versipellis dell’antica Roma, vista, ad esempio nel bel I delitti della luna piena [20004] di Paco Plaza.

Luca Ruocco

DRACULA

Creata da: Mark Gatiss, Steven Moffat

Regia: Damon Thomas, Jonny Campbell, Paul McGuigan

Con: Alec Utgoff, Anthony Flanagan, Catherine Schell, Chanel Cresswell, Claes Bang, Clive Russell, Corrina Wilson, Dolly Wells, Joanna Scanlan, John Heffernan, John McCrea, Jonathan Aris, Lily Dodsworth-Evans

Online da: sabato 4 gennaio 2020

Sceneggiatura: Mark Gatiss, Steven Moffat

Produzione: BBC, Hartswood Films, Netflix

Distribuzione: Netflix

Anno: 2020

Durata: 270’

InGenere Cinema

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