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SILENCE di Martin Scorsese

Era la fine degli anni Ottanta quando Martin Scorsese manifestò per la prima volta pubblicamente la volontà e il desiderio di portare sul grande schermo le pagine di Silenzio di Shūsaku Endō. Da allora, di anni ne sono trascorsi quasi una trentina e ora la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo storico del 1966 dello scrittore giapponese [prima edizione italiana di Rusconi Libri nel 1982] arriva finalmente nelle sale nostrane a partire dal 12 gennaio 2017 [negli Stati Uniti è stato distribuito a partire dal 13 dicembre 2016], con 01 Distribution. Oggetto di non pochi problemi, non ultimo quello che riguardava il reperimento dei finanziamenti necessari alla realizzazione di un progetto così complesso, lo script è finito suo malgrado nel cassetto. Quello stesso cassetto dal quale, per fortuna, è stato fatto riemergere. L’attesa è finita, con le aspettative che erano per forza di cose alte, vuoi perché si tratta dell’ultima fatica dietro la macchina da presa del cineasta statunitense [in attesa di Irishman con Robert De Niro], vuoi per l’importanza dell’opera letteraria e di colui che l’ha firmata, ma soprattutto per ciò che racconta.

L’opera propone come tema di sfondo le persecuzioni a carico dei cristiani durante il periodo Tokugawa, a seguito della rivolta di Shimabara. Siamo dunque nel 17° secolo, per la precisione nel 1633. Due giovani gesuiti portoghesi, Padre Rodrigues e Padre Garupe, rifiutano di credere alla notizia che il loro maestro spirituale, Padre Ferreira, partito per il Giappone con la missione di convertirne gli abitanti al cristianesimo, abbia commesso apostasia, ovvero abbia rinnegato la propria fede abbandonandola in modo definitivo. I due decidono dunque di partire per l’Estremo Oriente, pur sapendo che in Giappone i cristiani sono ferocemente perseguitati e chiunque possieda anche solo un simbolo della fede di importazione viene sottoposto alle più crudeli torture. Una volta arrivati troveranno come improbabile guida il contadino Kichijiro, un ubriacone che ha ripetutamente tradito i cristiani, pur avendo abbracciato il loro credo. Quella che vivranno sulla propria pelle e davanti ai loro occhi è una vera e propria odissea umana e spirituale, fatta di dolore, sofferenza e sacrificio, che metterà duramente alla prova ciò in cui credono.

Silence è un film sulla fede, sulla sua continua ricerca, sulla sua difesa e anche sulla sua messa in discussione. Ma più in generale è un film sul credere o no in qualcosa o in qualcuno, terreno o no, che non ci è dato vedere o sentire. Qualcosa o qualcuno di grande e spesso dalle decisioni inspiegabili. Di conseguenza, è una storia che parla di religione e di come questa possa essere fonte di gioia, ma anche di profondo dolore. Nello specifico si tratta di un’opera che esamina il problema spirituale e religioso del silenzio di Dio di fronte alle sofferenze umane. Un tema universale, sempre e comunque attuale, tanto alto e scivoloso da fare tremare le gambe e con il quale è davvero facile farsi del male, poiché bersaglio e soggetto ideale per un possibile fuoco incrociato. Ne sa qualcosa lo stesso regista newyorchese, già autore nel 1988 del controverso adattamento del romanzo dello scrittore greco Nikos Kazantzakis, L’ultima tentazione, pubblicato postumo nel 1960. Anch’esso frutto di una lunga gestazione [doveva iniziare nel 1983 e fu bloccato a 4 giorni dall’inizio delle riprese, con conseguente perdita dei 5 milioni di dollari d’investimento iniziale, sui 12 complessivi], il film – così come il romanzo in precedenza – è stato accompagnato da innumerevoli critiche e prese di posizione a causa della tesi della quale si è fatto portatore, ossia che Gesù, pur privo di peccato, era comunque oggetto di ogni forma di tentazione tra cui: paura, dubbio, depressione e lussuria. Superata la fase travagliata di realizzazione, il film ha poi scatenato polemiche e reazioni, culminate nella proiezione alla 45ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. In Italia, ma non solo, si invocò un’azione censoria dalle autorità: in alcune nazioni come ad esempio Cile, Filippine e Singapore, il film non ha finora avuto alcuna circolazione.

Insomma, tutte le volte che il regista americano decide di mettere le mani su vicende a tematica religiosa – ad eccezione di Kundun, ma la materia in questione è meno scottante, poiché la pellicola è tratta dal libro autobiografico La libertà nell’esilio, del quattordicesimo Dalai Lama del Tibet, Tenzin Gyatso – e nello specifico cristiana, da un punto di vista produttivo, le strade da percorrere si fanno sempre lunghe e piene di ostacoli. Fatto sta, che gli ci vogliono decenni per portare a termine certi progetti. In tal senso, quest’ultimo non è stato da meno, con una gestazione trentennale che avrebbe fatto desistere chiunque, ma non Martin Scorsese. L’insieme dei suddetti fattori ha fatto sì che su Silence montassero tutta una serie di aspettative che, per quanto ci riguarda, non sono state deluse. La pellicola manifesta sin dai primi fotogrammi una potenza narrativa, drammaturgica e tematica molto forte, che vacilla solo quando, nei quaranta minuti centrali, la scrittura indugia con insistenza e ripetitività sul tema dell’evangelizzazione forzata. Nella fase incriminata, una maggiore capacità di sintesi avrebbe giovato alla fruizione e non avrebbe appesantito la timeline, oltre a dilatarla eccessivamente sino a farle raggiungere le quasi tre ore di durata [pressappoco la stessa di L’ultima tentazione di Cristo e leggermente superiore a quella di Kundun].

E’ questo l’unico appunto negativo che ci sentiamo di fare, perché il resto è solidità, coraggio e bellezza allo stato puro, sia sul fronte della scrittura che della messa in quadro. I contenuti arrivano diritti e senza mezze misure al cuore e alla mente dello spettatore di turno, merito del lavoro di adattamento che ha preservato, ma anche fatto emergere e valorizzare quanto di potente c’era nel DNA della matrice letteraria. A suo tempo, Shūsaku Endō firmò un racconto dal forte impatto emotivo, che nella trasposizione cinematografica rimane in gran parte inalterato. L’iconografia e i continui riferimenti/rimandi alla lapidazione, alla Via Crucis e alla crocifissione, aumentano in maniera esponenziale il valore e il peso specifico di quanto scorre sullo schermo, attraverso scene difficili da dimenticare. Il tutto amplificato dalle straordinarie performance davanti la macchina da presa, a cominciare da quella di un Andrew Garfield ormai recitativamente maturo. La sua è un’interpretazione da brividi, che raggiunge l’apice nella seconda parte del film. Ed è lì che Silence decolla definitivamente.

Francesco Del Grosso

SILENCE

Regia: Martin Scorsese

Con: Adam Driver, Andrew Garfield, Liam Neeson, Ciarán Hinds, Issey Ogata, Tadanobu Asano, Shinya Tsukamoto, Ryô Kase

Uscita in sala in Italia: giovedì 12 gennaio 2017

Sceneggiatura: Martin Scorsese

Produzione: Cappa Defina Productions, CatchPlay, Cecchi Gori Pictures, Fábrica de CineSharp, Sword Films, Sikelia Productions

Distribuzione: 01 distribution

Anno: 2016

Durata: 161’

InGenere Cinema

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