Home / Recensioni / Interviste / FANTASCIENZA DA CAMERA: I Manetti Bros. parlano de L’ARRIVO DI WANG

FANTASCIENZA DA CAMERA: I Manetti Bros. parlano de L’ARRIVO DI WANG

manettibrosI fratelli Manetti, in attesa che il loro L’arrivo di Wang [2011] arrivi nelle sale italiane grazie a Iris Film, ci raccontano della nascita e dello sviluppo del loro sci-fi made in Italy.

 

[InGenere Cinema]: Come siete arrivati alla decisione di girare uno sci-fi?

[Marco Manetti]: Siamo arrivati alla storia de L’arrivo di Wang partendo da un’idea di Antonio [Manetti, n.d.r.]. Il film ha una trama molto particolare, che si scioglie poco a poco. L’idea parte proprio da questa semplice intuizione: una ragazza, che lavora come interprete, è costretta a fare un lavoro di traduzione in una stanza completamente buia, pensando di essere di fronte ad un uomo cinese, mentre in realtà sta parlando con un extra-terrestre. L’indagine che sta alla base del film è proprio quella di cercare… di ragionare sulle reazioni di questa persona: credeva agli alieni? Cosa prova a trovarsi faccia a faccia con una creatura non umana?

[ING]: Che reazioni avete raccolto durante i festival finora visitati dal vostro WANG?

[MM]: Il film è stato anche in selezione ufficiale all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, quindi è stato, in qualche modo, “riconosciuto” anche in patria, e questo è strano per un film di Genere. Federico Zampaglione, qualche giorno fa, scherzando sul nostro comune ruolo all’interno dell’industria cinematografica italiana, ci ha paragonati a dei campioni di baseball relegati in una nazione dove tutti amano il calcio. Siamo bravi in uno sport che qui non si pratica! Il film sta avendo dei buoni riconoscimenti anche all’estero. Riconoscimenti che vanno oltre le più rosee aspettative. Grandi major, rimaste colpite da L’arrivo di Wang, continuano a telefonarci, a scriverci… Il film uscirà in sala anche in Inghilterra.

 

[ING]: Ma “L’arrivo di Wang” non è solo un film di fantascienza…

[MM]: L’arrivo di Wang è, essenzialmente, un film sul pregiudizio, ed è un pregiudizio anche pensare che un film come questo non sia adatto al pubblico italiano. Quello che abbiamo cercato di fare è stato creare un tipo di fantascienza molto… “europea”. Gli effetti speciali, certo, ci sono. Ma servono solo ad amplificare i significati. Abbiamo di certo avviato, per motivi di budget e per struttura drammatica, un sotto-genere: la fantascienza da camera!

[Antonio Manetti]: Al di là del Genere,L’arrivo di Wang è un film a cui teniamo molto. Il fatto stesso che Venezia ci abbia selezionato, è segnale che, oltre la fantascienza, c’è tanto altro.

 

[ING]: Come hanno reagito le co-produzioni all’idea di realizzare un film che, già da sceneggiatura, prevedeva l’uso di sottotitoli? E da qui, quali sono stati i vostri rapporti con la Dania Film?

[MM]: Abbiamo scritto un film che, forse, sarebbe stato impossibile non realizzare, se non fossimo stati noi stessi all’interno della produzione. Abbiamo scommesso sulla nostra fantasia, accettando, per questo, anche budget più piccoli, rispetto a quelli che ci sarebbero serviti, pur di riuscire ad arrivare a farlo. I nostri partner sono stati fondamentali! Luciano Martino di Dania Film, poi, ha aggiunto al progetto un’esperienza in più sul cinema di Genere. Per quanto riguarda i sottotitoli, poi, il discorso è un altro: Star Wars, ad esempio, è un film pieno di sottotitoli, ma nonostante tutto è uno dei film più visti al mondo!

 

[ING]: Come già nel film di Pacinotti, “L’ultimo terrestre”, usate la fantascienza per raccontare la realtà…

[AM]: Questo, a nostro parere, succede quasi sempre. E’ un meccanismo drammaturgico che, d’altronde, è alla base stessa del cinema di Genere: aggiungi dei topoi di Genere alla tua storia, per poi amplificarne le riflessioni. L’arrivo di Wang è un film sull’incomunicabilità, senza, però, la volontà di annoiare il pubblico, in modo che il film diventi anche spettacolo.

[MM]: Facciamo, probabilmente, parte di una generazione che è cresciuta prendendo sul serio un certo tipo di cinema. Quindi ci viene naturale esprimerci attraverso i film di Genere.L’arrivo di Wang è anche un film sul pregiudizio: è pregiudizio quello di Curti, che pensa che l’alieno sia per forza cattivo, ma è pregiudizio anche quello della giovane interprete, che immagina il diverso sempre buono.

 

[ING]: Quanto c’è di metaforico dietro l’invasione di un popolo [quello alieno] che però parla cinese?

[MM]: La metafora del cinese è totalmente involontaria. Il motivo tecnico è che avevamo bisogno di un’interprete che non facesse parte dei servizi segreti… e abbiamo immaginato che i servizi segreti italiani fossero poco funzionali, quindi non avessero un interprete cinese! Wikipedia, poi, ci ha confermato che il cinese mandarino è la lingua più parlata al mondo, quindi è probabile che un visitatore esterno possa pensare che sia la lingua più utile da imparare, prima di compiere un viaggio così lungo.

 

[ING]: Parliamo di Wang. Chi c’è dietro il protagonista alieno del vostro film? Avete utilizzato la tecnica del motion capture?

[AM]: Mi sono accorto, guardando, ultimamente, altri film di fantascienza, che il nostro è uno dei primi film in cui la creatura aliena si veda così tanto, ed in ambienti così illuminati. La fatica che Davide Maugeri e la squadra della Palantir Digital, hanno dovuto fare è stata enorme, e la qualità degli effetti realizzati è, a mio parere, incredibile.

[MM]: Abbiamo usato solo la filosofia del motion capture, perché la tecnica in sé era troppo costosa per il nostro budget. Volevamo comunque che l’effetto fosse quello di “far recitare” la nostra creatura digitale, di fargli ribattere le espressioni dell’attore Li Yong [di cui nel film rimane solo la voce, che fisicamente è stato cancellato, per dare digitalmente spazio a Wang], come se stessimo usando il motion capture.

 

[ING]: Uno sci-fi ambientato a Roma…

[MM]: La nostra storia si svolge a Roma, perché siamo noi stessi romani. Gli alieni, fino a prova contraria, non esistono, e a quanto ne sappiamo, almeno in fiction, potrebbero atterrare dovunque. Le probabilità sono le stesse, in qualsiasi parte del mondo! A livello satirico, sappiamo che alcune parti del film potranno far esplodere in applausi il pubblico italiano, ma questa ironia non è del tutto voluta.

 

[ING]: Nel frattempo avete concluso le riprese di un altro film, “L’ombra dell’orco”, girato in 3D. Potete dirci qualcosa a riguardo?

[MM]: Con L’ombra dell’orco siamo al missaggio finale. Dovrebbe essere distribuito da Medusa e, credo, dovrebbe uscire a settembre. E’ un film dell’orrore. Quindi, un po’ più vicino a quello che è già un’abitudine per il mercato italiano, ed è un film dalle tematiche molto forti.

InGenere Cinema

x

Check Also

Sergio Bonelli Editore presenta DYLAN DOG – MATER MORBI – Nuova Edizione

Dal 26 aprile torna in libreria e fumetteria uno dei titoli più ...