Le mode del realmovie e del mockumentary rimbalzano ormai da più di dieci anni nella produzione cinematografica di Genere; e se a partire dal fenomeno mediale di The Blair Witch Project [Daniel Myrick, Eduard Sanchez, 1999] il modus operandi si è allargato così a macchia d’olio da contagiare il padre dei morti viventi George Romero, che nel 2007, con Diary of the dead – Le cronache dei morti viventi, torna alla genesi del morbo cannibalico proprio attraverso un finto documentario, qualcosa vorrà dire.
Sarà per la possibilità di dare uno spessore di veridicità fuori dal normale pur senza contare su ingenti budget, sarà perché il linguaggio della videocamera diegetica si avvicina in maniera confidenziale e fraterna ad un mondo sempre più sovraffollato di video amatoriali rubati con handycam, webcam e videofonini.
Quel che è certo è che questa branca continua a dimostrarsi solida e ad attrarre filmakers indipendenti, che, magari con l’ausilio di una non considerevole cifra da investire in effettistica digitale, si trovano a firmare, dal nulla, nuovi capisaldi del cinema popolare contemporaneo.
E’ stato così per Paranormal Activity [Oren Peli, 2007], che continua a trascinarsi avanti in sempre più stanchi sequel e spin-off, a dimostrazione del fatto che riprese amatoriali e sedicenti trame realhorror non siano di per sé elementi fondanti di un buon film, ma possano tramutarsi in armi a doppio taglio, cavalli da imbrigliare per bene, per non esserne travolti. Riesce in questo senso il Cloverfield [2008] di Matt Reeves, che ben intuisce che il realmovie sia solo un “modo alternativo” per raccontare qualcosa e non qualcosa che debba in parte sostituire storia e personaggi; e sempre sulla scia dei buoni prodotti si inseriscono il capostipite The Blair Witch Project [capace di costruire un senso di claustrofobica paura addirittura senza bisogno di “mostrarne” i motivi scatenanti] e il mockumentary di Romero [una ventata di aria fresca in una saga che aveva rischiato una congestione, proprio nell’agognato incontro con le major].
Il 2010 ci porta davanti a quello che si presenta come l’ennesima rivisitazione del canovaccio: un gruppo di studenti [in questo caso norvegesi] armati di telecamere trascinano lo spettatore nella lavorazione di un documentario. Si inizia con un’inchiesta sul bracconaggio, orsi barbaramente uccisi in zone non di caccia, e si finisce ad ammirare enormi creature boschive fatte di uno strano mix di leggende popolari e computer grafica: i troll.
André Øvredal balza sul carro del realmovie deciso a sorprendere più che a spaventare, a incuriosire più che a impressionare: in una sola parola deciso a intrattenere, e proprio per la compitezza del suo fine riesce a coglierne i frutti.
Troll Hunter non punta su una storia articolata, ma su una serie di dettagli, ricordi di racconti popolari, che si tramutano di riprese isteriche e corse notturne nelle foreste norvegesi.
L’uomo che i giovani documentaristi seguivano [Otto Jespersen], pensando si trattasse del bracconiere, è in realtà un cacciatore di troll, pagato dal governo norvegese per vigilare sulla fiabesca fauna e, soprattutto, per tenere lontane le creature notturne dalla popolazione [che dovrà continuare a ignorarne la reale esistenza]. Seguendo le gesta del burbero cacciatore, i giovani videomakers impareranno che i troll crescono fino all’altezza di più di trenta metri, si adornano [con la vecchiaia] di teste supplementari incapaci di pensare, annusano anche a distanza l’odore di sangue di cristiano e si tramutano in pietra non solo alla luce del sole, ma anche a quella di lampade simili a quelle abbronzati.
Troll Hunter è un titolo ludico e disimpegnato, di certo carico di imprecisioni e sviste più o meno bonarie, ma nel marasma dei realmovie si presenta unicamente per quello che è: una storia banale ma scorrevole, carica di bei mostri [digitali sì, ma ben fatti] e dell’eterno fascino di cui son pregne le credenze popolari.
Universal Pictures distribuisce Troll Hunter, in DVD e Blu-Ray, dal 14 dicembre. Entrambe le edizioni sono arricchite da un ricco pacchetto di contenuti extra.
Luca Ruocco
Regia: André Øvredal
Con: Otto Jespersen, Glenn Erland Tosterud, Johanna Mørck, Tomas Alf Larsen
Durata: 99’
Formato: 1.85:1 Anamorfico
Audio: Italiano Dolby Digital 5.1, Norvegese: Dolby Digital 5.1
Distribuzione: Universal Pictures [www.universalpictures.it]
Extra: Scene eliminate; Improvvisazioni e papere; Scene prolungate; Effetti visivi; Dietro le quinte; Galleria fotografica