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BRONSON di Nicolas Winding Refn

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Michael Peterson dimostra fin da piccolo di essere diverso dai suoi coetanei. Terribilmente aggressivo e incurante si mette continuamente nei guai, sovvertendo tutte le più comuni regole del vivere civile. A soli 17 anni compie la sua prima rapina, da cui ne ricava poche sterline e una condanna a sette anni di reclusione. Durante gli anni di prigionia viene a contatto con personaggi strani, malati di mente, ma soprattutto prende sempre più forma il suo alter ego: Charles Bronson. Charles è un pazzo, attacca tutti, salta al collo di chiunque lo faccia sentire minacciato, cerca la sfida, furiosamente invoca il consenso, l’esaltazione scaturita dalle sue imprese. Quando esce dal carcere, un impresario cerca di sfruttare la sua indole violenta e il suo bisogno di autocelebrazione facendolo diventare boxeur.

Ma Charles Bronson ha la meglio su Michael Peterson e presto entrambi tornano dietro le sbarre, condannati a provocare a farsi male, a sfidare il mondo. Michael Peterson [quello vero] vuole diventare famoso, tutt’ora in carcere sconta una pena a trent’anni, è diventato il più violento criminale della Gran Bretagna senza che abbia mai ucciso nessuno.

Refn immortala questo interessante personaggio in Bronson [2008], un film crudele, reso ancora più accattivante dalla veridicità della storia. Tom Hardy interpreta il protagonista sublimandone il carattere tragi-comico, esaltandone la pazzia con ironia e humour nero. Bronson è un personaggio che, malgrado le sue azioni siano aberranti, suscita compassione perché in fondo sembra che nessuno lo abbia mai ascoltato veramente, sebbene cerchi di gridare la sua confusione al mondo che lo circonda.

Charles Bronson è un uomo lucido nella sua pazzia, orgoglioso delle sue azioni, capace di innamorarsi, ma perennemente in solitudine. Un clown che si esalta di fronte al suo pubblico mentre racconta la sua storia, senza pentimento, senza rimorso. La violenza diventa un modo per affermarsi, come se non fosse capace di fare altro. E infatti la esalta attraverso il disegno e le sue regolari pantomime, che lo costringono all’isolamento.

Qualcuno ha paragonato il film all’ultraviolenza di Arancia Meccanica [Stanley Kubrick, 1971]. Comuni sono il senso di insensibilità dei protagonisti, il loro distaccamento sociale, persino alcune scelte registiche accomunano i due film, per non parlare del chiaro richiamo al film quando il protagonista trucca la sua vittima come uno dei criminali di arancia meccanica.

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Ho avuto modo di conoscere Refn e posso assicurarvi che il film lascia molto spazio alla personalità del regista e ne porta la firma sotto diversi aspetti.Refn è nitido, strafottente, vuole raccontarci una storia anche nei particolari più disgustosi, il pubblico può anche girarsi dall’altra parte se si sente disturbato. Il regista ha una spiccata personalità e il suo carattere è fin troppo forte per rimanere in disparte dietro la macchina da presa.  La pazzia di Bronson è stata sfruttata dal regista per lasciare una marcata impronta di sé stesso, il talento al regista non manca certo e si può permettere di calcare la mano a suo piacimento, tanto più che lo fa con coraggio caparbietà, voglia di sperimentare e di crescere. Il successo di questo Bronson è stato seguito dal suo discusso e visionario Valhalla Rising [2009], che ha fatto emergere Winding Refn dall’oscurità dei piccoli registi.

Melania Colagiorgio

 

Regia: Nicolas Winding Refn

Con: Tom Hardy, Matt King, Jame Lance, Amanda Burton

Uscita in sala in Italia: venerdì 10 giugno 2011

Sceneggiatura: Brock Norman Brock, Nicolas Winding Refn

Produzione: Rupert Preston, Danny Hansford

Distribuzione: One Movie Distribution

Anno: 2008

Durata: 109’

Trailer:

InGenere Cinema

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