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QUEL “FENOMENO” DER MONNEZZA a cura di Alberto Pallotta

Capelli ricci, barba e cappello in testa, quasi sempre agghindato con una tuta da meccanico. Ladro e poliziotto, due personaggi in realtà, ma un unico interprete, imprescindibilmente fuso con la maschera cinematografica che aveva aiutato a creare: Tomas Milian, cubano di nascita, americano di accademia, ma italianissimo per professione.

Proprio in Italia, infatti, Milian cominciò a riscuotere i maggiori consensi cinematografici, riuscendo a passare con eccellenti risultati [e come era d’uopo fare  negli anni più floridi della nostra industria di Genere], dal western alla commedia, dal cinema d’autore al poliziottesco.

Ma torniamo alla parrucca riccia e alla tuta da meccanico, torniamo “ar Monnezza”.

Sergio Marazzi, ladro di borgata dal cuore tenero, apparso per la prima volta sugli schermi ne Il trucido e lo sbirro [1976] di Umberto Lenzi, su sceneggiatura di Dardano Sacchetti, e poi ripreso ne La banda del trucido [Stelvio Massi, 1977] e La banda del gobbo [ancora di Lenzi, 1977], film cult in cui Milian interpreterà il doppio ruolo di Sergio e Vincenzo Marazzi, detto il Gobbo.

E poi? C’è da dire che negli stessi anni un altro personaggio barbuto e sboccato, sempre interpretato da Milian, stava muovendo i primi passi. Anche lui ex ladro [pentito e diventato poliziotto], con la regia di Bruno Corbucci, assistito alla sceneggiatura da Mario Amendola, si presentava sugli schermi nel 1976, in Squadra Antiscippo, capostipite di una fortunatissima serie di film che andò avanti per altri dieci titoli fino al 1984.

Ma perché il protagonista di questi film, Nico Giraldi, è così tanto simile a Sergio Marazzi da arrivare ad usurpare, involontariamente, lo stesso nomignolo: er Monnezza?

Perché ad un certo punto arriva a vestirne anche gli stessi abiti, la famosa tuta da meccanico?

Quanto Tomas Milian ebbe peso nella costruzione di un personaggio che lo portò alla gloria e, almeno a Roma, lo fece entrare nell’Olimpo delle maschere cinematografiche più conosciute e praticamente intramontabili?

Alberto Pallotta, direttore editoriale della casa editrice Un mondo a parte, affronta i temi della nascita, dello sviluppo e della morte di questo personaggio, nel volume Quel “fenomeno” der Monnezza, e lo fa, innanzitutto, andando a ripescare coloro che presero parte attiva alla realizzazione di quei film: da Umberto Lenzi [regista del primo film dove compaia Monnezza] a Quinto Gambi [controfigura di Milian e vero borgataro che, sembra, abbia ispirato l’attore cubano nella stessa costruzione del personaggio], da Massimo Vanni [l’insostituibile Gargiulo, assistente di Giraldi] a Enzo Cannavale [spalla comica di Milian in alcuni dei suoi film]. Senza dimenticare Mario Donatone [altro attore spesso presente], Daniele Alabisio [montatore] ed Enrico Vanzina [autore del discutibile Il ritorno del Monnezza, 2005].

Attraverso le voci di questi professionisti, Pallotta dipinge un ritratto puntiglioso del [doppio]personaggio interpretato da Milian, corroborando le dichiarazioni di chi quei film li ha fatti, con delle ottime schede tecniche, e con le recensioni di chi quei film li ha visti [a freddo e a caldo].

Condiscono il tutto un elenco foto-biografico di attori, comparse, personaggi e tecnici dei film “monnezziani” e una raccolta per temi delle migliori battute sboccate e romanesche, pronunciate in quel film dalla onnipresente e importantissima voce di Ferruccio Amendola, a cui più di qualcuno relega almeno il 50% della riuscita del personaggio.

Quel “fenomeno” der Monnezza, a cura di Alberto Pallotta, per Un mondo a parte: 17,50 euro, 205 pagine, tra scritti e foto in b/n.

Luca Ruocco

InGenere Cinema

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