Le case abbandonate, siano esse antiche o recenti, lasciano sempre un certo sgomento in chi vi entra per visitarle, o anche soltanto a chi si ferma davanti per osservarne la facciata. La stessa sensazione la lascia la villa della curia, una struttura abbandonata da quasi due secoli, e un tempo, appunto, abitata dagli uomini di chiesa. Le finestre, alcune delle quali con i vetri rotti, sembrano non voler fare trapelare nulla, eppure è proprio quel silenzio tombale che si respira dall’esterno a preoccupare.
2017. Anna dorme sonni tranquilli, finché una mattina, all’alba, viene svegliata da una strana telefonata della sua amica Angela, che la invita a raggiungerla proprio nei pressi della villa, poiché una persona ha bisogno di parlare con lei. Poco prima Anna era stata vittima di un incubo, e questa telefonata la preoccupa ulteriormente. Come se ciò non bastasse, trova nel suo letto un biglietto con un codice di difficile decifrazione, avvolto in una scatola come se fosse una pergamena.
1817. Nel comune di Sacca di Colorno, in provincia di Parma, viene ritrovato il corpo senza vita di Vittoria Clementi, una giovane di 24 anni che, a prima vista, sembrerebbe essere stata assassinata. Lo stesso giorno, in un prato, vengono ritrovati un bastone sporco di sangue e un capo d’abbigliamento appartenente ad una donna scomparsa: Luigia Bacchi. L’ispettore Donati e il commissario Leari indagano sul caso, e mostrano subito dubbi nei confronti del racconto fatto dal marito della donna, il dottor Filippo Bacchi, che ha sporto denuncia di scomparsa dopo qualche giorno dalla sua sparizione. Ad intromettersi nel caso la marchesa Cornelia, che offre una versione sorprendente sul caso, screditando la figura di Vittoria…
Le due storie sono legate da un filo rosso, che lo spettatore scoprirà e imparerà a riconoscere nel corso della durata del film, partendo proprio dall’identico aspetto di Anna e di Vittoria. Proprio riguardo alla villa diroccata il giornalista Francesco Dotti, e la sua assistente, stanno lavorando ad un servizio fotografico, per il quale avevano chiesto la collaborazione di Angela.
Questa la storia raccontata in Doppelgänger, lungometraggio scritto e diretto da Gian Guido Zurli, filmmaker e esperto di fotografia. Si tratta in realtà di una prima puntata di una serie che fa del mistero e dell’orrore le sue linee guida, volutamente ispirato al romanzo Il segno del comando, dello scrittore e sceneggiatore Giuseppe D’Agata [sua è la sceneggiatura di Il medico della mutua, di Luigi Zampa ], poi trasposto in tv dal compianto Giulio Questi, e prima ancora, sceneggiato televisivo Rai di grande successo [che vedeva, nel cast, attori del calibro di Rossella Falk o Ugo Pagliai].
É chiaro l’omaggio del regista a David Lynch [e il riferimento a Twin Peaks], Mario Bava o Pupi Avati, ma ciò non vuol dire che Zurli si limiti ad onorarli con artifici tecnici [peraltro lodevoli], senza metterci nulla di proprio. Tutt’altro. Questa prima puntata mostra la personalità del regista, e con essa anche il suo talento. L’autore, infatti, riscrive una storia puntellandola di numerose chiavi di lettura, stando attento affinché ogni apporto tecnico, dalla fotografia [curata da Andrea Ampollini, che merita attenzione] alle luci, dal montaggio [curato dallo stesso Zurli], alla musica di Mimmo D’Ippolito.
La colonna sonora sembra quasi voler trasporre in musica gli inganni e gli intrighi che si sviluppano nella loro storia, tanto che a tratti alcune note sembrano voler essere degli interrogativi, accompagnati da un profondo senso di inquietudine. Stride forse la presenza costante della stessa, anche durante i dialoghi dei personaggi.
Un plauso alla protagonista, Clelia Cicero, assolutamente credibile, e a Giustiniano Alpi, nel ruolo dell’ispettore Donati. Lo stesso, però, non può dirsi per tutti i componenti del cast: nel complesso, comunque, le parti principali sono interpretate da attori capaci. Un po’ troppo artificiosa è la figura della marchesa, soprattutto nella sequenza del dialogo con il commissario Leari.
Non è certamente facile lavorare ad un film con due livelli temporali, considerando le difficoltà non solo economiche, ma anche tecniche, per cui alcuni piccoli errori sono assolutamente perdonabili. Una nota positiva ancora da evidenziare è la ricercatezza dei costumi, curati da Amelia Barone e Irene Marone. E che dire poi delle affascinanti distese emiliane, così come delle location, in particolare di quelle antiche site a Parma e a Ragazzola. Bella la chiusa, con la canzone Guilty, di Russ Columbo, cantata dalla stessa Cicero.
Il primo episodio della serie è presente sulla piattaforma di Vimeo on Demand, qui, mentre, se volete informazioni dettagliate sul film e sulla sua lavorazione, vi segnaliamo il seguente link: https://gianguidozurli.wordpress.com/
Gilda Signoretti
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DOPPELGÄNGER
Regia: Gian Guido Zurli
Con: Clelia Cicero, Stefano Torselli, Irene Marone, Giustiniano Alpi, Irene Valenti
Sceneggiatura: Gian Guido Zurli
Produzione: Gian Guido Zurli
Distribuzione: /
Anno: 2015
Durata: 58′