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Intervista a Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera

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Due uomini legati da una passione comune.

Due registi che calpestano ancora, con le storie che riescono a portare sullo schermo, le polverose strade del Vecchio West.

Abbiamo incontrato Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera alla proiezione a inviti del loro ultimo lavoro, Se il mondo intorno crepa, che abbiamo avuto il piacere di presentare presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma. Questa è l’intervista che i due autori hanno concesso in esclusiva ad InGenere Cinema

lucagilda4[InGenere Cinema]: Conoscendo da vicino le difficoltà di realizzare una produzione indipendente, immagino che pensare di realizzare un western significhi mettere in conto tutta un’altra serie di problematiche da risolvere [quelle di un film in costume… di location interne ed esterne non facili da trovare o ricreare…]. Come le avete affrontate?

[Stefano Jacurti]: Personalmente ho un vantaggio: molti costumi, armi, oggetti, trovaroba, fanno parte della mia collezione personale – purtroppo non posso prestare niente a nessuno perché molti mi scrivono, così lo dico pubblicamente – che ho iniziato nel 1995 quando misi in scena al Teatro dell’Orologio di Roma, un western ambientato in un saloon, Golden City. Siccome conosciamo un sacco di gente che ci aiuta e annotiamo  luoghi o situazioni che potrebbero servirci, anche quando siamo semplicemente in gita fuori porta, questo ci spinge avanti. Ma certo non basta, poi ci vuole uno sforzo economico e non sempre si può fare, ecco perché i western arrivano sempre a distanza di anni tra loro. Possono passare dalle 3 alle 7 stagioni come è successo. Inferno bianco l’abbiamo prodotto insieme, anche con altri aiuti, Se il mondo intorno crepa l’ho prodotto io, ma valgono le stesse situazioni per entrambi.

[Emiliano Ferrera]: Anche io mi arrangio e rosicchio tutto quello che può servire, non mi piace girare i western con i capelli comprati sulla spiaggia come spesso vedo in altri lavori.

1450225_234228136741848_728351454_n[InGenere Cinema]: Come nasce l’idea di “Se il mondo interno crepa”? Sarebbe dovuto essere un medio metraggio fin dal principio?

[SJ]: La storia che ho scritto nasce da alcune frasi ascoltate dalla tv rimasta accesa in soggiorno mentre io ero al computer. In un TG si parlava dell’assenza delle istituzioni e di quelli che debbono lottare per non essere messi in un angolo. Quando scrivo non sto a pensare cosa verrà fuori, se un lungo, un corto o un medio, ma solo a chiudere il cerchio della mia storia. Nel percorso, dopo qualche pagina di world è chiaro che mi accorgo in quale settore è molto probabile che si vada a finire

[InGenere Cinema]: Parlateci dei personaggi che avete creato in “Se il mondo interno crepa”: ad esclusione di Bill Carson interpretato da Emiliano, tutti personaggi negativi o reietti…

[SJ]: Black Burt, il sottoscritto, è un delirante assassino. Butcher Joe, ovvero Simone Pieroni, è un folle criminale psicopatico. Il loro rapporto è fondamentale in questo western. Poi Jack, Claudio Vitturini, il padrone del saloon, è uno con le idee molto chiare… Due sceriffi di contea che non hanno intenzione di restare a guardare, Marco Belocchi e Giovanni Bufalini. Ma sarà una country cowgirl di oggi, Antonella Salvucci a guidare lo spettatore nel vecchio west, un west popolato di cowboys [tra cui ricordo Antonio Rocco], saloon girl e anche coloni.

Il colono, infatti non è un pistolero, uno sceriffo o un mandriano e ho chiamato a interpretare questo ruolo Simone Destrero che con il suo cappellaccio diverso, fa la guardia alla sua terra.

Bill Carson/Emiliano Ferrera come avete evidenziato è un personaggio positivo, [bisogna vedere cosa significa positivo perché anche lui uccide] e mi sembra giusto sottolinearlo, ci voleva un personaggio come lui per spezzare, altrimenti il tutto sarebbe stato troppo monocorde. E poi Bill Carson, il mitico pistolero, è un bel nodo nella vicenda, come ha evidenziato Sentieri Selvaggi, che ovviamente non possiamo svelare, perchè di certo non mancano i colpi di scena.

[EF]: Sono contento che il mio personaggio si chiami Bill Carson, Stefano pur volendo un western con musiche lontane dal filone morriconiano, ha voluto omaggiare il western italiano con un nome che ricorre spesso nell’ossessione del tesoro de Il buono, il brutto, il cattivo. Come già era accaduto con Inferno bianco, che di sound e atmosfere spaghetti non ha quasi nulla, è anche vero che non siamo finlandesi e qualcosa della nostra cultura western italiana per forza e con orgoglio ci portiamo dietro. Poi ci sono altre curiosità… tipo che io sono vestito, a parte il cappello, come Clint in Impiccalo più alto!

C’è qualcosa di somigliante, forse per la bandana al collo messa in quel modo. Comunque dicono che sembro Clint davvero, io ci rido sopra, mi diverte questa cosa, e ovviamente mi fa molto piacere.

lucagilda1[InGenere Cinema]: Come è avvenuta la scelta degli attori del cast?

[SJ]: Come sempre, i volti nel western sono importanti, ma scherzando ricordo che siccome gli attori devono anche parlare, la bravura e il volto devono sposarsi. Sono felicissimo delle scelte che abbiamo fatto.

[EF]: La nostra ricerca dei volti è molto attenta e per me il cast è stato potenziato anche come bravura.

[InGenere Cinema]: Molto importante, all’interno del corto, è la colonna sonora. Volete parlarcene?

[SJ]: Il mitico Klaus Veri è il music and sound di tutto il lavoro. Ho chiesto a Klaus di dare potenza alle  sequenze a cavallo e un pathos drammatico in altre sequenze, lo conoscevo perché aveva composto il music and sound di Mesa Verde, il western di Emiliano Ferrera, e proprio lui può raccontare qualcosa in più su Klaus Veri, anche per l’esperienza precedente. Klaus comunque è stato fantastico, ha dato un grande respiro a questo western… secondo me potenza, dramma, mistero. Vi parlo poi di Fabrizio Sartini, ero ad una festa country e appena l’ho sentito suonare, sono rimasto folgorato e allora ho chiesto a Fabrizio di collaborare con noi. Quando Emiliano ed io abbiamo ascoltato un accenno di quella che sarebbe diventa “The Black Burt Ballad” siamo stati felici e gasatissimi. I brani originali di Fabrizio Sartini, molto country, danno un respiro che sa di mito e malinconia, tra un banjo, il miagolio di una chitarra country e una ballata bellissima. Bobby West, così si fa chiamare Fabrizio, quando in testa porta uno stetson, è anche autore di un altro brano, “Matilda” che in questo western è in sottofondo, ma insieme a Fabrizio stiamo studiando per questo brano altre sorprese…

lucagilda8[EF]: Per me Klaus Veri si è superato stavolta, anche rispetto al western precedente, Mesa Verde, dove già aveva fatto cose grandiose. Stefano che ha scritto questo film ha incontrato Klaus più volte. Li immagino ancora lì, che parlano in segreto. Stefano mi ha detto che è rimasto impressionato non solo dalla bravura di Klaus Veri, ma anche dai tempi di realizzazione del music and sound che volevamo. Io conoscevo Klaus, ero sicuro che avrebbe fatto le cose in grande. Ma questo era un western diverso da Mesa Verde, che era più legato al Genere italiano. Se il mondo intorno crepa è sì girato da italiani, ma ha un respiro come minimo misto tra stelle a strisce e tricolore. A contribuire al sound americano è stato Fabrizio Sartini. Ricordo che eravamo ad una festa country, stavo parlando con Stefano, a un certo punto qualcuno inizia a suonare, mi volto e Stefano non c’era più, l’ho visto partire come un bisonte, era già lì a braccia conserte ad ascoltare Fabrizio che ancora non conoscevamo. Sono d’accordo anche io nel dire che Fabrizio Sartini, non è un singer country italiano molto bravo a cantare in inglese… Fabrizio è un’altra cosa, è più avanti, sembra nato in USA e poi la corda, quella vera, te la fa sentire.

[InGenere Cinema]: Il personaggio di Sheila, la prostituta cieca, rimanda ad un’altra donna, con lo stesso nome ed il medesimo ruolo sociale, che viveva tra le pagine del romanzo “Bastardi per stirpe” di Stefano. Ci sono legami tra queste due donne?

[SJ]: L’ispirazione l’ho avuta proprio dal romanzo. Sheila in Bastardi per stirpe, è la preferita di Bud MachPerson. Nel romanzo, quando Bud sale in stanza con lei, di sotto si forma la fila al saloon e i clienti sbuffano, per la serie “ecco, buona notte, è finita, adesso aspettiamo ore…”. Questo perché tutti sanno che il rapporto Bud-Sheila è qualcosa di più di un cliente con il cinturone che va con una donna che fa il mestiere più antico del mondo. Ma partendo da quell’idea del libro, ci voleva in Se il mondo intorno crepa, qualcosa di più forte ancora.Ed ecco in tutt’altra vicenda, e lo sottolineo, proprio un’altra storia, che Sheila diventa cieca e struscia per terra il suo bastone inquietante. Un personaggio, quello interpretato da Emanuela Ponzano, che è una battagliera ribelle a un sistema, ma è una figura emarginata e lei ne è perfettamente cosciente, per questo invoca la stella di Dio nel cielo. Del resto, a modo mio, di emarginazione volevo parlare.

lucagilda3[InGenere Cinema]: Come dividete i compiti da regista sul set?

[SJ]: Faccio un esempio su un quotidiano di un nostro set, da cui si possono intuire molte cose. Per noi non è importante quante volte Stefano o Emiliano diano l’azione sul set, se uno lo fa tre volte e l’altro cinque, perchè non ci importa nulla di questo, siamo uno a disposizione dell’altro e anche quando c’è da prendere una decisione, lo facciamo per il bene del film. Spesso capita che uno completi l’altro, possiamo farlo perché partiamo da una passione per il western che ci accomuna e ci piacciono molte cose che sono le stesse. Certo non siamo due gemelli siamesi, è anche capitato [a dir il vero poche volte] di non essere d’accordo su tutto, ma abbiamo sempre superato insieme anche quei momenti,  se c’è una media alta di intesa è perché l’abbiamo cercata fin dal 1998, anno di Boot Hill, il primo western. Ovviamente abbiamo cercato di alzare l’asticella, e come si sa c’è poi l’effetto domino, bisogna alzarla in tutto. Se entrambi pensassimo, però, che è tutto a posto, allora sbaglieremmo perché si deve migliorare ancora.

[EF]: Faccio un altro esempio. La nostra collaborazione comincia dal piano di lavorazione, anche quello in Se il mondo intorno crepa ha inciso molto, perché abbiamo trovato il modo di ottimizzare i tempi sia negli interni che negli esterni. La regia che vogliamo è sempre equilibrata tra gli attori, mi piace dire una regia molto americana.

168277_10200307510345338_2080066512_n[InGenere Cinema]: Quale sarà la futura vita di “Se il mondo intorno crepa”?

[SJ]: 1: Lo voglio mandare ai festival per testarlo, vedere cosa succede… 2: E’ chiaro che non potrò fare solo questo, perché c’è un sacco di gente che vuole vederlo e comprare il DVD. Siccome sono anche produttore, devo inevitabilmente guardare al resto che è legato al film e per mandarlo ai festival mi darò un tempo limite. Ma la pista per i festival per ora ha la precedenza su tutto il resto. Il percorso deve essere un misto tra un ambiente “ortodosso”, in cui si cercherà di attirare l’attenzione nei festival come casa comune di tutti, e l’altro ambiente, quello del Genere in cui stiamo lavorando da anni, il pubblico western-country con gli eventi di settore che ci segue da tempo e che non abbandonerò mai.

[InGenere Cinema]: Stefano, pensi di ritornare a raccontare qualcosa riguardo i personaggi di “Se il mondo intorno crepa”, magari in un romanzo?

[SF]: Mi piacerebbe scrivere un romanzo, un prequel, sarebbe ottimo. Come si sono incontrati Black Burt e Butcher Joe? Quale è stato il passato prima che i due divenissero il poeta e il macellaio? Detto così sembrerebbe facile, basterebbe tornare indietro nel tempo e il gioco è fatto. Invece ci vuole molta energia e soprattutto delle idee, perché anche in un passato da scrivere, bisogna trasmettere azione ed emozioni. Se dovessi scrivere un prequel oggi non avrei l’energia sufficiente e nemmeno il tempo perché devo seguire questo nuovo western. Chissà.. magari in futuro potrebbe essere un’idea.

lucagilda6[InGenere Cinema]: “Se il mondo intorno crepa” è il vostro secondo film western dopo “Inferno bianco”. Che distinzioni potremmo fare tra i due film? Ci sono delle relazioni?

[SJ]: C’era già stato Boot Hill come dicevo prima, ormai sbiadito su un VHS, e troppo lontano nel tempo,  eppure lo considero importante perché tutto è partito da lì. Per questi ultimi due, come storie no, sono due avventure nella trama completamente diverse. E ci sono delle differenze nella realizzazione. Emiliano tempo fa ha detto una cosa molto vera,  lascio che risponda lui.

[EF]: Inferno bianco è stato molto duro per la neve, le riprese sono state un’impresa a meno dieci. Se il mondo intorno crepa  è senza neve ma non meno difficile da realizzare, la regia è stata più complessa.

[InGenere Cinema]: I paesaggi abruzzesi rendono davvero affascinanti delle scene del film. Anche “Inferno bianco” fu girato in Abruzzo. Quanto è importante per voi l’influenza del paesaggio nello sviluppo di un progetto, e i paesaggi abruzzesi?

[EF]: Il western è il genere più cinematografico che esista, proprio per i paesaggi.

[SJ]: E’ ai primi posti, il western si nutre di grandi spazi e facciamo di tutto per evocarli.

1185658_10200924936980618_1239635828_n[InGenere Cinema]: Progetti futuri: tornerete nel west?

[EF]: Io un altro western ce l’avrei ma lo girerò quando ci saranno le condizioni giuste per farlo, vedremo…

[SJ]: Non lo so, tra l’altro devo proseguire anche come attore, e non c’è solo il western… Colgo l’occasione per un augurare a tutto il cast di Se il mondo intorno crepa un grande in bocca al lupo per il proseguimento dell’attività artistica. Nel frattempo auguro ad Emiliano di proseguire il suo percorso nel western o non western, come del resto già sta facendo da tempo. Emiliano è un artista a tutto tondo, un autodidatta, uno che dipinge, impara la dizione da solo, cavalca anche senza sella, è un mustang selvaggio [soprattutto in questo mi riconosco in lui, è uno spirito libero]. Chi lo vorrebbe inserire in uno schema rigido avrebbe inevitabilmente vita dura con il rischio di essere disarcionato dal Clint Eastwood nostrano. Però gli anni stanno passando anche per lui e vedo che le sue riflessioni oggi sono più attente. Se a questo spirito libero, ci uniamo la maturazione di un uomo di quasi 40 anni, Ferrera può essere davvero pura dinamite. Quando lui tornerà ai suoi lavori e io ai miei, lo seguirò con grande interesse e con un sorriso. E’ lo stesso sorriso che oggi condivido con lui per un’altra avventura che ricorderò per sempre.

Luca Ruocco & Gilda Signoretti

[Roma, Giugno 2014]

InGenere Cinema

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