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LA FUGA DI MARTHA di Sean Durkin

fugadimarta1La Fox Searchlight Pictures continua ad attingere a piene mani dal programma del Sundance 2011 e dopo aver portato sugli schermi nostrani la fantascienza minimalista del folgorante Another Earth di Mike Cahill, è ora il turno di Martha Marcy May Marlene [in Italia con il titolo La fuga di Martha a partire dal 25 maggio], lungometraggio diretto da Sean Durkin, che alla kermesse statunitense dedicata alla produzione indie si è aggiudicato il premio per la miglior regia. Un riconoscimento meritato, al quale sono seguiti altri molto prestigiosi come il Prix de la Jeunesse alla scorsa edizione di Cannes e quello per il miglior regista esordiente ai Chicago Film Critics Association Awards.

Il cineasta americano, qui all’esordio dietro la macchina da presa sulla lunga distanza [il suo corto più recente, Mary Last Seen, ha esordito al Sundance 2010 e ha avuto la prima europea alla Quinzaine des Réalizateurs del Festival di Cannes 2010, vincendo il Prix SRF per il miglior short], firma un tesissimo e angosciante thriller psicologico capace di mettere in soggezione e creare un forte senso di disagio nello spettatore. Siamo al seguito di Martha, ribattezzata con il nome di Marcy May dal carismatico Patrick, padre padrone e leader di una setta-rurale.

Una mattina la ragazza scappa dalla fattoria dove ha vissuto per due anni. Spaventata e senza rifugio, chiama la sorella che non vede da tanto tempo, e si trova improvvisamente nel Connecticut, in una lussuosa casa estiva in riva al lago, con Lucy e il suo nuovo marito Ted. Nonostante sia riuscita a fuggire, Martha è ancora prigioniera di ricordi che, lentamente e in modo devastante, riportano alla luce tutto ciò che ha vissuto.

fugadimarta2In questa storia che vede protagonista una giovane donna che cade in una grave crisi di identità dopo avere lasciato i confini di una comunità-setta, è facile riconoscere il destino e le vicende che hanno segnato la vera esistenza di una delle “ospiti” della famigerata “Manson Family”, con sede in quel di Ranch Squeaky Gromme. Di conseguenza, il personaggio di Patrick non può che essere ispirato al padrone di casa che la fondò nel 1968, quel Charles Manson da molti ribattezzato mr. Satana, folle omicida che vedeva nella musica il suo più grande sogno e che dalla musica ha tratto l’ispirazione per i suoi efferati crimini [il più sanguinario fu quello del 9 Agosto 1969 a Cielo Drive, nella villa di Roman Polanski dove Sharon Tate, attrice e moglie del famoso regista, incinta di 8 mesi, fu trucidata insieme ad altre quattro persone]. La cosiddetta “famiglia”, composta da ragazzi con problemi sociali, difficoltà a inserirsi nella società e dall’immancabile passato difficile, sotto la sua attenta guida, campava di furti e di qualsiasi altra attività criminale. Tra una rapina e l’altra si suonava la chitarra e ci si faceva di lsd a ritmo di “Helter Skelter” dei Beatles, fino a quando non giunse l’ora delle carneficine.

Della “Manson Family”, prima Tom Gries con il televisivo Bel Air nel 1976, poi Jesús Franco per il cinema nel 2000 e John Gray ancora per il piccolo schermo nel 2004, raccontarono nelle rispettive pellicole le truculenti e folli gesta, ma rimanendo attaccati ai fatti realmente accaduti. Al contrario, Mike Cahill ne trae spunto per poi distaccarsene in gran parte e disegnare le traiettorie narrative e drammaturgiche del suo film. In La fuga di Martha l’attenzione si concentra su un solo personaggio, interpretato in maniera convincente dalla bravissima Elizabeth Olsen, lasciando sullo sfondo gli episodi avvenuti nella fattoria degli orrori, che mano a mano riemergono in modalità flashback, e facendo roteare intorno a lei il valzer di affetti sani e malati incarnato dalle figure secondarie.

fugadimarta3Lo script si dipana nel tempo e nello spazio assecondando il punto di vista di Martha, che per tratti e caratteristiche rimanda a Linda Kasabian, la ragazza che era stata costretta a fare il palo quella maledetta sera del 9 agosto 1969, e attraverso i suoi flussi mentali ricomponiamo come un “puzzle” il mosaico narrativo alla base del plot. Una sceneggiatura celebrale che innesca, senza sensazionalismi e clamorosi colpi di scena, un gioco malsano di turbamenti e psicosi, specchio distorto della società di ieri e di oggi.

Se ne viene fuori storditi, assuefatti ai ritmi dilatati che la scrittura e la sua messa in quadro dosano in maniera impeccabile. Gli attori prestano i loro corpi e le loro interpretazioni alla causa, offrendo delle performance di tutto rispetto [notevole quella di John Hawkes nei panni di Patrick]. Come la protagonista finiamo intrappolati tra sconvolgenti sprazzi di ricordi dal passato e visioni di un futuro pericoloso, attanagliati da un senso di timore che getta chi si lascia andare in preda a paranoie e misteriosi sensi di colpa. Durkin restituisce tutto questo mediante una messa in scena efficacissima, morbosa e ansiogena, soffocante e claustrale, visivamente carica di tensione perché votata a un naturalismo dai toni freddi che richiama le atmosfere glaciali di Un gelido inverno, capace di portare lo spettatore direttamente nella zona indistinta tra i due mondi collidenti di Martha e nel caos montante sprigionato dal suo muoversi tra l’uno e l’altro.

Francesco Del Grosso

 

Regia: Sean Durkin

Con: Elizabeth Olsen, John Hawkes, Sarah Paulson, Hugh Dancy

Uscita in sala in Italia: venerdì 25 maggio 2012

Sceneggiatura: Sean Durkin

Produzione: BorderLine Films

Distribuzione: 20th Century Fox

Anno: 2011

Durata: 102’

InGenere Cinema

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