La prima delle retrospettive che il XXXI° Fantafestival dedica a tre dei più importanti fra i nostri registi di Genere contemporanei, è quella dedicata a Gabriele Albanesi che, se pur giovanissimo, si è dimostrato caparbiamente impegnato in quella “rinascita dell’horror made in Italy” strillata da più fronti, e decisamente troppe volte a sproposito.
Il caso di Gabriele Albanesi è molto personale: arrivato al cinema da un’attiva militanza nella critica, poi il sodalizio con i Manetti bros. e i primi passi da regista nei cortometraggi Braccati [2001], L’armadio [2002] e Mummie [2003]. Albanesi si fa carico di una pesante iniziativa personale: riportare in Italia un cinema horror che guardasse non solo all’epoca gloriosa del cinema del terrore nostrano [con cui intesse fortissimi collegamenti di rimembranze-omaggi], ma che avesse l’ardire di trovare un parallelismo anche con film e registi della cinematografia horror internazionale. Per questo motivo il suo primo film,Il bosco fuori [2006], nato come lungometraggio indipendente, supportato dalla produzione della giovane e coraggiosa NeroFilm, e infine distribuito da Minerva Pirctures group, cerca un concreto parallelismo con cult come Non aprite quella porta [Tobe Hooper, 1974], pur calandoli in un’atmosfera tipicamente italiana, vuoi per la presenza di personaggi dai caratteri volutamente marcati e indubbiamente “locali”, vuoi perché l’autore sceglie come incipit del palesarsi del male quello che potrebbe essere un qualsiasi fatto di cronaca estratto da un qualsiasi quotidiano. L’esperimento viene bene accolto da una critica e un pubblico, quelli italiani, da troppo tempo affamati di un horror autoctono che non volesse forzatamente nascondersi dietro intellettualismi di sorta, ma che gioisse dei suoi stessi bassi istinti, della sua pantagruelica voglia di exploitation più che della costruzione di uno script inattaccabile.
Il bosco fuori riesce anche a scavalcare il muro di cinta della distribuzione internazionale, dimostrando come il basso budget e un ancor giovane curriculum, non siano ostacoli sufficienti a fermare la rotta di conquista programmata da Albanesi. Il film raggiunge la decima posizione tra i film in dvd sul mercato giapponese, e viene distribuito negli Stati Uniti dalla Ghost House di Sam Raimi [con il titolo The last house in the woods]: un altro gradino importante è conquistato perché, come dichiara lo stesso regista nella video intervista pubblicata in questo articolo: “Non si potrà parlare di ‘rinascita del Genere Horror italiano’ finché i nostri horror non torneranno ad essere esportabili”.
A cinque anni di distanza Gabriele Albanesi firma la sua seconda regia: Ubaldo Terzani Horror Show [2011, clicca qui per leggere la nostra recensione], dimostrando una maggiore padronanza tecnica [a livello registico] ed una innegabile crescita drammaturgica. Il film gioca, in maniera molto divertita e godibile, su un meccanismo meta-cinematografico, intrecciando al livello base del film, quello della vita reale [Albanesi idèa il plot a partire da una sua personale collaborazione con lo scrittore Eraldo Baldini] e quello ulteriore di una gustosissima satira sul mondo della produzione cinematografica italiana che gira attorno al giovane Alessio, regista-protagonista del film. La crescita è innegabile: Albanesi decide, saggiamente, di costruire una scatola filmica più solida, da thriller psicologico, e di concentrare lo splatter [a cui il regista rimane creativamente legato] alla roboante chiusa finale, e ai molto momenti onirico-visionari di cui il film è puntellato.
I due lungometraggi, pur essendo profondamente diversi l’uno dall’altro, hanno dei chiari rimandi autoriali: fra tutti svettano la conoscenza cinefila del’autore, che non può esimersi da un citazionismo quasi onnivoro ma che, soprattutto in Ubaldo Terzani Horror Show, non arriva ad intaccare la qualità del racconto, e una figura che pare nascere in nuce, ne Il bosco fuori, e svilupparsi proprio nel film successivo. Antonio [Gennaro Diana], soccorritore dei due giovani protagonisti, diventa lo scrittore Terzani [Paolo Sassanelli]: in entrambi i casi un uomo più maturo, che ostenta [e in principio riesce a trasmettere] sicurezza e decisione, ma che nasconde ben altra indole e intenzioni.
Gabriele Albanesi può già vantare un primo lavoro seguito nelle vesti di produttore, si tratta del film a episodi Fantasmi [AAVV, 2011, clicca qui per leggere la nostra recensione], ma è già al lavoro su un paio di sceneggiature “importanti”. Di questo e di molto altro si parlerà, proprio all’interno della cornice del Cinema Nuovo Aquila di Roma, nella video intervista che fa da battesimo al canale video di InGenere Cinema: buona visione.
Luca Ruocco