Robby e Mona acquistano un appartamento tutto loro. Un’abitazione da ristrutturare, ma a un prezzo abbordabile, reso ancor più conveniente dal macabro decesso – fra quelle mura – della vecchia proprietaria. I due giovani, però, non si fanno abbattere dal brutto trascorso e iniziano a realizzare i lavori di ammodernamento con le proprie mani, in modo da risparmiare e rendere il loro nido d’amore ancora più personale.
Mona è un’aspirante stilista, ma ha abbandonato gli studi e sta provando a trovare un lavoro più stabile; Robby non ha mai specificato per bene quale sia il suo lavoro, ma pare abbia a che fare con gli investimenti in Borsa e comunque rende abbastanza bene.
Il loro è un rapporto ormai stabile e quello della casa è solo il trampolino di lancio per trasformare la coppia in una famiglia, con il futuro arrivo di figli. Sogni e piani più di lui che di lei, come si inizia a percepire e si scopre presto ma, prima che tutto questo si concretizzi, la donna inizia a soffrire di sonnambulismo e di terribili incubi notturni, legati a spaventosi momenti di paralisi del sonno.
Se la cosa inizialmente potrebbe inizialmente sembrare legata alla situazione di forte stress dovuta alle spese della casa e alla mancanza di realizzazione lavorativa, il tutto diventa ben più inquietante quando la coppia di protagonista conosce i due vicini di casa: un uomo e una donna più o meno della loro stessa età che sembrano nascondere qualcosa di oscuro che ha a che fare con il loro neonato, decisamente malvoluto e causa dei continui litigi tra i due.
Proprio la vicina di casa, come se sapesse qualcosa dei problemi notturni della protagonista, la inviata a una conferenza che mette in bella tutto il lungo spiegone che fa da scheletro alla parte più orrorifica e paranormale di quello che per il resto è un sofferente thriller dall’aspirazione polanskiana: il professore che tiene il convegno parla del Mara, demone della cultura nordica e proto-germanica legato proprio agli incubi, attraverso i quali riesce a prendere possesso delle mente degli uomini. La stessa parola inglese nightmare pare derivi proprio dal suo nome e contenga nella desinenza proprio l’incubus capace di cavalcare le sue vittime nel sonno, causando anche quelle terrificanti paralisi.
Incubo e realtà iniziano così a fondersi, nonostante la donna prenda per buoni i consigli del professore e cominci ad auto-indursi stati di sogno lucido, per poi abbandonarsi ciecamente alle cure dello scienziato. Il palazzo carico fino a piegarsi di un’atmosfera spezzata tra Rosemary’s Baby e L’inquilino del terzo piano fa da location a continui litigi, possibili maltrattamenti del neonato senza nome che piange e si dispera a tutte le ore e al suicidio della strana vicina di casa. Ma anche l’appartamento in ristrutturazione sembra sprofondare nell’inferno, mentre il sogno di Robby sembra concretizzarsi facendo finalmente lievitare il grembo di Mona [la brava Eili Harboe di Thelma], dopo anni di tentativi: la Mara che infesta i sogni della donna prende definitivamente l’aspetto del suo innamorato, presentandolo nottetempo in versione dark-emo e ferina.
The Dark Nightmare è un film in cui diverse anime combattono tra loro, prendendo momentaneo sopravvento, ma senza mai riuscire ad imporsi del tutto l’una sull’altra: ha ambizioni da horror, struttura da thriller psicologico, ritmi [e lungaggini] da dramma familiare d’autore. Essendo l’opera prima della regista e sceneggiatrice Kjersti Helen Rasmussen, diventa maggiormente comprensibile la compresenza e la pregnanza di Generi, rimandi e significati. Ma quest’abbondanza, però, rischia di mettere in ombra quella che è la cosa più importante del progetto: il suo essere la storia di una donna schiacciata dal ruolo che la società sembra aver pensato per lei. Una donna che deve rinunciare alle sue ambizioni per inseguire un lavoro più sicuro ma anonimo; una donna che per assecondare il suo compagno si lancia nell’acquisto di una casa che non rappresenta uno dei suoi traguardi da raggiungere e che, ancora peggio, tenta di farlo diventare padre anche se la maternità non è affatto un suo desiderio.
Proprio sull’esasperato e controverso tema della donna-madre si costruisce il più solido ponte di comunicazione tra i due mondi che costituiscono l’universo narrativo di The Dark Nightmare: quello reale e quello onirico. Rasmussen racconta di rapporti malati madre-figlio, riempie il film di rimandi a una sessualità castrata [che si trasforma in incubi o in sonnambulismo sessuale], come in un antico trattato medioevale allerta personaggi e spettatori del pericoloso arrivo di un omeniano feto-demone con tanti alert color rosso sangue mestruale e racconta della scelta d’abortire e del riappropriarsi del proprio corpo in modo carico d’angoscia.
Anche se la storia ripete diverse volte scene e atmosfere, non è il dilungarsi il difetto più grande che non fa arrivare dritto al cuore di chi guarda il peso del cupo dramma, quanto il suo oscillare un po’ confuso, che non fa abbracciare mai definitivamente alla sua autrice la via scelta, finendo per smorzare cattiveria e artigli di un’opera che ha qualcosa da dire e in più di un momento azzecca anche il modo giusto per farlo.
Luca Ruocco
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THE DARK NIGHTMARE
Regia: Kjersti Helen Rasmussen
Con: Eili Harboe, Herman Tømmeraas, Dennis Storhøi, Peter Førde, Preben Hodneland
Uscita in sala in Italia: mercoledì 11 giugno 2025
Sceneggiatura: Kjersti Helen Rasmussen
Produzione: Handmade films in Norwegian woods, Nordisk Film Production AS
Distribuzione: Bim Distribuzione
Anno: 2022
Durata: 100’