Il modo in cui Sony ha deciso di trattare gli adattamenti cinematografici e televisivi dei propri videogiochi più famosi è piuttosto strano, anche in un clima come quello attuale dove serie videoludiche di ogni tipo stanno trovando terreno fertile sia al cinema che in forma seriale. Con l’eccezione della serie dedicata a The Last of Us, trattata con tutti i crismi, gli adattamenti dei più celebri marchi Playstation finora hanno fatto fatica a capitalizzare sui punti di forza del materiale originale senza snaturarlo. Tuttavia, se ad esempio Uncharted con Tom Holland manteneva l’impostazione alla Indiana Jones nonostante il cast svecchiato e Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile usasse il videogioco come base su cui costruire un biopic sportivo, Until Dawn – Fino all’alba è l’esempio più estremo di questa scia di libera interpretazione.
Lo svedese David F. Sandberg torna a lavorare sul Genere che lo ha reso più celebre grazie al suo Lights Out ed al sequel Annabelle Creation, dopo la giocosa parentesi dedicata ai due film su Shazam, e dirige la trasposizione dell’omonimo videogioco horror prodotto da Supermassive Games [il quale vede cadere quest’anno il suo decimo anniversario].
Chiaramente un progetto minore e realizzato con un costo più contenuto rispetto ad altri prodotti simili, il film ha già fatto abbastanza discutere in rete soprattutto proprio per i dubbi leciti su come creare una trasposizione efficace: non solo il punto cardine del videogioco era la possibilità data al giocatore di plasmare gli eventi con le proprie scelte, ma tutto l’impianto era un consapevole agglomerato di cliché del Genere horror che spaziava dai killer mascherati alle entità paranormali come i wendigo, per unificarli in una storia dove l’obiettivo era far sopravvivere a questo incubo pastiche tutti i membri di un malcapitato gruppetto di adolescenti fino, per l’appunto, all’alba.
L’escamotage è stato reiterare la natura citazionista del gioco originale ma per costruirci sopra una struttura di game-ification dove i protagonisti sono prigionieri di una diabolica escape room, o in questo caso “escape house”.
Le cascine innevate tra le Montagne Rocciose vicino Alberta lasciano il posto ai boschi nebbiosi della fittizia Glore Valley. Al centro della vicenda c’è ancora un gruppo di adolescenti: Megan, Max, Nina, Abel e Clover, quest’ultima alla ricerca della sorella Melanie, scomparsa da quelle parti un anno prima dell’inizio del racconto. Dopo aver superato una coltre di nebbia innaturale, i ragazzi rimangono bloccati in una soffocante casa abbandonata e la situazione peggiora minuto dopo minuto, fino a che tutti i protagonisti non vengono braccati e uccisi da un killer mascherato. La storia però è tutt’altro che finita, poiché il gruppo si risveglia ancora una volta all’interno della stessa casa prima che inizi il massacro. I protagonisti hanno dunque raggiunto una sorta di “checkpoint” narrativo, dove ad ogni morte sempre più efferata si ritrovano all’inizio del proverbiale ultimo salvataggio [scelta di narrativa curiosa, dato che il gioco originale prevedeva la morte permanente]. Man mano che le morti si accumulano, i protagonisti scoprono che c’è un prezzo da pagare per ogni fallimento; l’obiettivo principale dei ragazzi diventa riuscire a svelare il mistero del loop temporale sopravvivendo fino all’alba, prima che la notte li prenda e si trasformino tutti in mostri.
David F. Sandberg è un regista in grado di mostrare una grande conoscenza del Genere e di divertirsi nella messa in scena, ed Until Dawn è un prodotto consapevole di tutti i limiti che si porta dietro, che anche in questa versione per lo schermo continua ad aderire così ossessivamente agli stilemi di Genere da pensare che l’unico modo per completare un’ipotetica “bingo card” dei cliché sarebbe stato se il personaggio di colore fosse morto per primo. Questo esplicito mix tra una versione low-stakes di Quella casa nel bosco di Drew Goddard e Joss Whedon e la natura del time-loop di Auguri per la tua morte, mutua in parte anche il lavoro fatto da Cristophe Gans con il suo adattamento di Silent Hill [sempre per restare in tema di videogiochi]. C’è tutto nel film di Until Dawn tranne, proprio, Until Dawn, salvo per i terrificanti Wendigo e per la presenza di alcuni riferimenti più o meno velati al gioco, a favore di una rielaborazione della mitologia originale un po’ confusa, che non trova una sua quadra interna precisa e fatica a rimanere interessante per tutta la durata.
Non che la sostanza non ci sia, ma una volta capito il meccanismo, l’escalation di mostri sempre più terrificanti diventa sia una lista fine a sé stessa priva di reali conseguenze che una parabola priva di un sostrato narrativo più sostanzioso come accadeva in altre pellicole con gimmick simili. Il film così diventa solo uno dei tanti slasher in circolazione, impoverito da una partitura banalissima fatta quasi esclusivamente di jumpscare: il personaggio entra in una stanza, la tensione si alza, si salta sulla sedia, si scappa e si ricomincia con lo stesso ritmo con cui si aspetta la laugh track di una sitcom. A non far diventare il film totalmente prevedibile, ci pensano alcune soluzioni “scoppiettanti” in cui far morire i poveri adolescenti, ed una serie più esplicita di omaggi creativi alla moda del found footage passando da The Blair Witch Project a REC.
Per essere un horror girato a basso budget, infatti, Until Dawn ha il pregio di essere molto piacevole per gli occhi, con una fotografia che non brilla ma che è in grado di valorizzare l’ambiente asfissiante in cui i personaggi sono imprigionati con i giusti toni scuri. Stesso discorso per quanto riguarda le performance. Dal videogioco torna Peter Stromae, ancora una volta nei panni dello psicologo Alan Lee, che spicca senza difficoltà. Il resto del cast si difende abbastanza bene, nonostante le personalità molto archetipiche; si sente comunque la mancanza di interpreti di alto calibro e performance degne di nota come quelle di Hayden Panettiere o Rami Malek nel gioco originale.
Until Dawn – Fino all’alba è un adattamento tutto sommato interessante, difficile da criticare aspramente in quanto progetto chiaramente minore e sviluppato con un budget ridotto. Non è il miglior adattamento prodotto da Sony e non il miglior Horror diretto da Sandberg, ma può essere ugualmente un horror più che piacevole se estrapolato dal contesto originale. I limiti sono, esattamente come lo furono per il videogioco omonimo, una struttura di fondo estremamente derivativa, anche se sorretta da una fotografia discreta e comunque sufficientemente piacevole da seguire se presa per quello che è. La differenza nella valutazione finale la fa in parte anche quanto chi legge può essere disposto a sopportare i limiti sopracitati. Se siete fan degli horror meno smaliziati e siete disposti a trascorrere due ore senza troppe pretese, allora aggiungete pure mezzo punto alla valutazione finale, consapevoli che Until Dawn – Fino all’Alba non è destinato a lasciare un’impressione duratura una volta che sarà finita la notte.
Giovanni Ardizzone
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UNTIL DAWN – FINO ALL’ALBA
Regia: David F. Sandberg
Con: Peter Stormare, Ella Rubin, Michael Cimino, Odessa A’zion, Maia Mitchell, Ji-young Yoo, Belmont Carmeli
Uscita in sala in Italia: giovedì 24 aprile 2025
Sceneggiatura: Gary Dauberman, Blair Butler
Produzione: Playstation Studios, Screen Gems, Vertigo Entertainment, Coin Operated Mangata
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 103’
Anno: 2025