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JU-ON: ORIGINS di Sho Miyake

A volte dobbiamo lasciar andare le nostre stesse creature, evitare di accanirci contro di loro e proseguire per altre vie. Lo sa bene Takashi Shimizu che dopo aver collaborato a ben tre capitoli di The Grudge, meritevoli solo di aver diffuso il verbo Ju-on [di cui vi abbiamo parlato nel video che trovate qui] ad un pubblico più ampio dei cinefili incalliti, ha abbandonato l’impresa.

Purtroppo, però, l’industria non conosce limiti e ha proseguito l’avventura senza di lui, con un nuovo reboot diretto da Nicolas Pesce. Non felici di riportare in vita la saga solo al cinema, in un’epoca in cui la multimedialità è la parola d’ordine, nasce un nuovo progetto, dal nome Ju-on: Origins.

Come il titolo lascia intendere, la serie – composta da sei episodi da mezz’ora – vorrebbe ripercorrere a ritroso la storia della famosa casa maledetta, arrivando a sciogliere alcuni interrogativi nati dalla sceneggiatura fortemente frammentata della saga originale.

Si torna, infatti, in Giappone, in un arco di tempo che va dal 1988 al 1997; diversi omicidi, simili tra loro, tormentano di nuovo la città e tutto porta ancora una volta alla stessa iconica casa. Allettante vero?Sulla carta, e con queste pochissime informazioni, di certo. Ma se siete fan di vecchia data di Ju-on e vi aspettate le origini di Kayako o, almeno, una sua apparizione, potete anche rassegnarvi; la serie prende le distanze da uno dei simboli più famosi, dopo Sadako [Ringu], del j-horror dei primi anni 2000. Di nuovo, sulla carta l’idea è funzionante perché quello che gli sceneggiatori [Yo Takahashi e Takashige Ichise] hanno tentato di fare è prendere il mito di Ju-on e raccontare una storia diversa, che affonda le sue rancorose radici in un momento totalmente diverso e con vittime che condividono molti tratti in comune con Kayako, ma che non sono legati a lei in alcun modo.
Ampliare, insomma, la leggenda e mostrare che il circolo vizioso in cui Kayako era finita ha una storia ancora più antica e violenta.

Si vorrebbe creare un nuovo mosaico, come per la saga originale, fatta di brutali omicidi e apparizioni inquietanti; tuttavia nessuno di questi tasselli ha metà della forza narrativa dei suoi più diretti predecessori. Le storie s’intersecano tra loro creando un groviglio inestricabile ma confuso; passato e presente sembrano influenzarsi a vicenda, mentre niente del plot risulta chiaro alla fine della visione e, anzi, quasi contraddittorio.

Le scene che pretendono di avere una sfumatura più gore non stupiscono a causa di pessimi effetti speciali e di scelte a dir poco grottesche in fase di sceneggiatura [come nel caso delle sequenze che riguardano il feto di una delle vittime].
L’artigianalità che aveva caratterizzato i lungometraggi, e che si era rivelata brillante in più di un’occasione, è qui soppiantata dalla CGI, integrata malissimo e realizzata peggio.

Le pecche di questa miniserie, infatti, non risiedono soltanto in una scrittura pigra che tenta di spolpare una saga che forse non andrebbe più toccata, ma riguarda anche tutta la messa in scena, il suo lato estetico; la regia, così come il montaggio e la fotografia sono così trasparenti da non riuscire a bilanciare il disastro narrativo che scorre sotto gli occhi annoiati dello spettatore.
Senza contare che la forza di Ju-on risiedeva nella bravissima Takako Fuji, interprete di Kayako, che Shimizu non aveva avuto paura di mostrare il più possibile, come una costante presenza che grava all’interno del suo agghiacciante universo.

Qui la tendenza s’inverte e si mostra il meno possibile, nella speranza di inquietare lo spettatore attraverso il meccanismo del non visto. Inutile dire che non ha funzionato, soprattutto perché, come accennato, nel momento in cui s’intravede qualcosina, è di pessima fattura.

È probabile che la serie sia stata pensata in funzione di una seconda stagione che cercherà di colmare i buchi narrativi e la distanza che la separa dalla storia di Kayako. Tuttavia, date le numerose incongruenze che colpiscono la serie, e che non risparmiano neanche la ricostruzione della casa – che ha una pianta diversa da quella originale – è difficile pensare che un’operazione di salvataggio sia possibile. Netflix al momento non si è pronunciata sulla possibilità ed è auspicabile che fermi questo stillicidio prima che sia troppo tardi.  Perché l’unico vero rancore ravvisabile non è nella serie, bensì nello spettatore e, soprattutto, nei fan della saga di Shimizu che non mancheranno di sentirsi offesi per il poco rispetto riservato alla saga originale.

Claudia Anania

JU-ON: ORIGINS

Sceneggiatura: Hiroshi Takahashi, Takashige Ichise [basata su Ju-On by Takashi Shimizu]

Regia: Sho Miyake

Con: Yoshiyoshi Arakawa, Yuina Kuroshima, Ririka, Koki Osamura, Seiko Iwaido, Kai Inowaki, Ryushin Tei, Yuya Matsuura, Kaho Tsuchimura, Tokio Emoto, Nobuko Sendo, Kana Kurashina

Uscita Netflix in Italia: 3 luglio 2020

Produzione: W Field

Distribuzione: Netflix, NBC Universal Entertainment Japan

Anno: 2020

Durata: 6×26-31′

InGenere Cinema

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