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IL CINEPANETTONE LONTANO DA CASA

Nella lotta al botteghino fra i tanti cinepanettoni e simili arrivati in sala in questo dicembre 2016, lo scontro finale si combatterà sicuramente tra il Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi e il Natale a Londra – Dio salvi la regina di Volfango De Biasi.

Due film che dimostrano l’intenzione [più o meno messa in pratica] di internazionalizzare l’idea di “commedia natalizia”, allontanandosi dall’idea più classica di cinepanettone.

Succede questo nel film che Brizzi prende in prestito dalle sale francesi, Les Tuches, grande successo di botteghino dei cugini d’Oltralpe che, in Italia si trasformano nei Tucci, famiglia povera dell’hinterland romano che si ritrova da un momento all’altro milionaria, grazie ad una vincita al superenalotto.

Dopo aver superato lo shock iniziale, i Tucci, anche per sfuggire a possibili richieste di prestiti dei loro compaesani, decidono di scappare dal proprio paesino per trasferirsi nell’unica città italiana costruita a misura di ricco: Milano.

Ovvio che la loro trasformazione, involontaria e troppo improvvisa, non è riuscita a modificare la loro reale essenza e, pur calati nel mondo dei nuovi ricchi con un conto corrente assai cospicuo, una suite extra-lusso e un maggiordomo, i protagonisti della commedia continuano a dimostrarsi persone umili e ruspanti, ignoranti e senza educazione.

Nonostante cerchino di adattarsi al nuovo baraccone di cui sono ospiti malvoluti, il loro essere fuori luogo in qualunque situazione è sempre palese. A capitanare la banda di “infiltrati” è Christian De Sica, capofamiglia Tucci, coadiuvato da un Enrico Brignano a cui spetta anche di sostenere la parte romantica della storia di Brizzi, e da un duo di donne che lavorano sodo per tenere alto il livello di comicità: Lucia Ocone e Anna Mazzamauro, bloccata nel pur sempre riuscito personaggio che le ha dato notorietà.

De tutto scevro della volgarità tipica del cinepanettone nella ricetta classica, Poveri ma ricchi si allontana dalla commedia natalizia made in Italy anche perché cerca di proporre un nuovo modo di guardare e narrare le storie del popolo italiano: via del tutto i classici ritratti di vizi e tradimenti dell’italiano medio da grande schermo, così come abbandonando la frammentazione tipica dei film da ridere a più teste di comico.

Quel che manda all’aria il progetto potenzialmente nobile è l’aver scelto, per comodità o poca intraprendenza, un tipo di risata basata su gag e situazioni troppo pigre, prevedibili, che di certo non riescono a lasciare addosso allo spettatore il senso di aver visto qualcosa che possa stravolgere il panorama cinematografico natalizio del BelPaese. Pur seminando qua e la qualche piccolo segno di speranza che qualcosa possa destabilizzare tutto da un momento all’altro, in fin dei conti si naviga troppo sicuri e assopiti.

Pur guardando all’estero, non si cercano nuovi sapori o affascinanti ombre esotiche.

Molto meglio va con il terzo film di Natale di Volfando De Biasi, ancora una volta con protagonisti Lillo&Greg: Natale a Londra – Dio salvi la regina.

Nonostante il tutto possa ricordare la tradizione più spietatamente cinepanettoniana sia nel titolo “Natale a…”, sia nella decisione di far svolgere l’intera storia durante le festività dicembrine [che su Poveri ma ricchi, ad esempio, rappresentano solo un momento, pur importante, della temporalità della storia], De Biasi confeziona una commedia che vuole ricollegarsi [e lo fa in maniera anche assai riuscita] ad una serie di cose assai lontane dagli italici natali al cinema: innanzitutto ai suoi film precedenti, facendo compiere a Lillo, Greg e agli altri comici della banda un’ulteriore passo in quella che sembra essere ormai un’epopea criminale declinata con umorismo [dopo la droga e la camorra ora è il turno di una batteria di criminali romani con base a Londra]; in secondo luogo ad un tipo di commedia molto più internazionale, che spesso riesce a legarsi bene con un altro Genere, e in questo caso lo fa con l’action; poi ai film italiano di risate e cazzotti di Bud Spencer Terence Hill; infine allo slapstick da mimo o, meglio ancora, da strip a fumetti.

A Londra, i problematici figli di un malavitoso romano [Ninetto Davoli] devono recuperare nel giro di pochi giorni una grossa cifra di denaro, per risarcire il debito contratto con un pericoloso criminale inglese da pugno – letteralmente – di ferro [Vincent Riotta].

Per farlo, insieme ad una banda davvero poco convincente, decidono di rapire gli amati cani della regina Elisabetta per poi chiedere un cospicuo riscatto.

De Biasi, oltra a poter contare sui suoi due mattatori, questa volta sa di avere dalla sua un sempre molto divertente Nino Frassica, che in questi anni sta vivendo un felicissimo periodo di maturità artistica.

Molto meno riuscito l’acquisto dei due Arteteca e la conferma di Paolo Ruffini che, ormai si sarà capito, rappresenta una sorta di tassa da pagare ad occhi chiusi e naso tappato, se si vuol guardare una commedia italiana.

Se proprio cercate il cinepanettone di questo 2016 in chiusura, scegliete quello Filmauro.

Luca Ruocco

InGenere Cinema

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