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TUTTI I SANTI GIORNI di Paolo Virzì

tuttisantigiorni1Era il 1994 quanto Paolo Virzì firmava la sua opera prima dal titolo La bella vita, storia di un triangolo sentimentale nella Piombino del 1992: lui un cassintegrato delle acciaierie con velleità d’imprenditore, lei commessa di supermercato con pruriti alla Bovary e l’altro un fatuo imbonitore televisivo. Da diciotto anni a questa parte il cinema del regista livornese ha preferito raccontare vicende umane e intrecci esistenziali, lasciando in secondo piano temi e tematiche a favore di un approccio alla materia di tipo antropologico e culturale prima che sociale. Al decimo film dietro la macchina da presa il suo approccio non è cambiato e Tutti i santi giorni è la cartina tornasole di una volontà ferrea di proseguire sulla stessa strada intrapresa sin dagli esordi, continuando a mettere al centro dei suoi plot, tanto le dinamiche familiari quanto i romanzi di formazione.

Nella sua ultima fatica cinematografica, Virzì trova spazio per entrambe le componenti, appoggiandosi al libro di Simone Lenzi, La generazione, al quale si ispira liberamente per portare sul grande schermo una vicenda di analoga verità, quella di una storia d’amore celata dietro gli ostinati tentativi di una giovane coppia di avere un bambino: lui timido, riservato, coltissimo, portiere di notte appassionato di lingue antiche e di santi, mentre lei, aspirante cantante impiegata in un autonoleggio, è irrequieta, permalosa e orgogliosamente ignorante, quasi a voler confermare la teoria degli opposti chi si attraggono.

tuttisantigiorni2Una passione la loro che sembra indistruttibile, nata una notte d’inverno tra le strade della capitale e diventata via via sempre più forte, finché il pensiero di un figlio che non viene non mette in moto conseguenze imprevedibili. Sbagliato in primis parlare di adattamento, piuttosto di un volontario tradimento dell’opera letteraria di Lenzi, impossibile da trasporre cinematograficamente nella sua natura originaria perché totalmente priva di narrazione, trattandosi di un romanzo di parola, caratterizzato da un monologo interiore del protagonista alle prese con la medicina moderna per coronare il suo sogno paterno. In Tutti i santi giorni gli orizzonti drammaturgici si allargano, estendendosi al doppio punto di vista, quello maschile e quello femminile, quest’ultimo assente e nato per volontà degli sceneggiatori [tra cui lo stesso Lenzi a sei mani con Virzì e Bruni], insieme al microcosmo di personaggi secondari.

Ne viene fuori una tragicommedia che si concentra sui sentimenti e sulle emozioni dei suoi protagonisti, rimanendo fedele alla scia empatica rilasciata sugli spettatori dal riuscito e toccante La prima cosa bella e a quella delle pagine del libro.

tuttisantigiorni3Purtroppo, nonostante sorrisi [la festa dei vicini coatti, il cliente d’albergo orientale in cerca di sesso, lo spermigramma] e momenti di commozione non tardino ad arrivare [gli esiti delle analisi], l’equilibrio tra l’acre e il tenero, l’affetto e la lucidità, che tanto aveva convinto della pellicola del 2010, qui invece viene meno, causa di qualche sequenza onirica di troppo [ad esempio quella che vede Guido avventurarsi nell’utero della compagna per andare a conoscere i tre gemelli, che riporta alla mente da una parte Senti chi parla e dall’altra Silenzio… si nasce] e di una prevedibilità degli eventi che trova conferma nella semplicità strutturale di uno script che viaggia a ritmi alterni. In tal senso, irritante risulta il ritratto di Roma, piegato allo stereotipo e alla macchietta, dove trova spazio però una babele dialettale che incrocia in maniera divertente e divertita il siculo, il toscano, il napoletano e ovviamente il romano. Il tutto grazie alla tipica galleria virziniana di personaggi sopra e sotto le righe, vero motore portante dei suoi film e che in questa occasione si materializza nella piccola-grande odissea metropolitana di una coppia come tante [i convincenti Marinelli e Thony], consumata tra centri per la fertilità e di procreazione assistita, studi di medicina tradizionale e alternativa. Sullo sfondo una crisi economica assodata [che trova spazio in Tutta la vita davanti] e la drammatica sottostima dei talenti.

Francesco Del Grosso

Regia: Paolo Virzì
Con: Federica Victoria “Thony” Caiozzo, Luca Marinelli, Micol Azzurro, Claudio Pallitto, Giovanni Laparola
Uscita in sala in Italia: giovedì 11 ottobre 2012
Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni, Simone Lenzi

Produzione: Motorino Amaranto
Distribuzione: 01 Distribution
Anno: 2012
Durata: 102’

InGenere Cinema

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