I Lautari, 1972, di Emil Loteanu [regista moldavo molto affermato in Russia], è un film di una straordinaria forza visiva, lo si capisce fin dai primi istanti, quando l’obiettivo si incanta ad osservare un paesaggio collinare, attraversato da un carretto guidato da un gruppo di musicanti. Sono i lautari, musicisti nomadi di origine moldava, che, per vivere, portano in giro la loro musica ricevendo in cambio o offerte di denaro dagli spettatori, o ristoro presso la casa di qualche nobile, che li ha ingaggiati per una serata festosa nella sua dimora.
Siamo nel 1800, e in Bessarabia [l’attuale Moldavia], si respira un’aria molto tesa. La povertà è uno dei mali maggiori, così come pure la ferocia dei soldati zaristi e la convivenza forzata tra zingari e moldavi, ormai all’apice della tensione. È in questo contesto che si muovono i lautari, bersagli preferiti del governo zarista, che non esita a perseguitarli servendosi dei suoi soldati. Il film ruota intorno alla figura di Toma Alistar [Lunkevič Serghei], un violinista prodigioso, così talentuoso da essere corteggiato dalle corti viennesi. Seguiamo la sua storia, tra presente e passato, attraverso l’uso di flashback che ci riportano all’infanzia di Toma, figlio di lautari.
Alla morte del padre, Toma, ancora bambino, ricevette da questi in eredità il violino e gli spartiti, condannandolo ad un futuro da lautaro che, se da un lato gli permetterà di essere un uomo libero, dall’altro gli garantirà solo miseria, nonostante riceva complimenti dalle alte classi nobiliari.
È pur sempre un lautaro, e perciò deve accontentarsi della sua posizione. Non gli è permesso oltrepassare una certa soglia di successo e notorietà. Durante uno dei tanti viaggi con i suoi compagni [Dumitru Khenescesku, Karalambie Berdaga, Vasile Zubku, Villi Musojan], Toma incontra Ljanka [Olga Kympiani], una zingara. I due si innamorano perdutamente, ma il destino di Ljanka è già deciso: non può mischiare il sangue zingaro con un uomo moldavo, e perciò sposerà un uomo molto ricco, della sua stirpe, appartenente ad una tribù tzigana ungherese. In nome di questo amore, i due fuggiranno, ma, rintracciati dagli zingari, verranno legati e frustati insieme. Non si rivedranno mai più, e il futuro dei due non mostrerà nessuno spiraglio di vita positivo.
Il mestiere del lautaro è come una maledizione, un’eredità scomoda, figlia di un destino inesorabile verso il quale non c’è alternativa.
I Lautari è un film di un certo spessore, profondo anche nella recitazione degli attori, che sembrano provenire da una formazione teatrale per movenze e impostazione. Ci sono delle scene che è difficile dimenticare, come la fuga nei campi di Toma e Ljanka, ma soprattutto la loro fustigazione, lenta e precisa, alla fine della quale il cavallo accanto al quale i due sono legati, si avvicina a Ljanka, annusandola. Certo, e va detto, I Lautari è un film estremamente lungo, e proprio questa sua estensione di due ore piene rende difficile la visione, anche perché si tratta di una storia dai ritmi molto lenti, con pochi dialoghi, cosparsa di belle musiche popolari moldave, nelle quali sono il violino, il flauto e la fisarmonica a dominare la scena.
La chiusa è evocativa, nel senso che, nell’incantevole e contemporaneamente ombroso paesaggio moldavo, vediamo stagliarsi nel cielo un uccello, come a rappresentare la libertà, cercata e sognata dai lautari.
Gilda Signoretti
Regia: Emil Loteanu
Con: Lunkevič Serghei, Olga Kympiani, Dumitru Khenescesku, Karalambie Berdaga, Vasile Zubku, Villi Musojan
Durata: 123’
Fomato: 16:9 1.78:1
Audio: Italiano Dual-Mono
Distribuzione: Mosaico Media [www.mosaicomedia.it]
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