Chiamiamola pure punta dell’iceberg. Quello del coreano Kim Jee-woon è uno dei rarissimi casi di cineasti asiatici ai quali è “concessa” la proiezione nelle sale italiane. Evitare di sciorinare il consueto e ritrito pistolotto sull’incomprensibile modalità di scelta delle distribuzioni tricolori, non ci salverà certo dalla necessaria domanda: con quale criterio ci si muove, dalle nostre parti, nel trattare la filmografia di un regista affermato, se è vero, come è vero, che assistiamo soltanto ora a Il buono il matto il cattivo [2008], nonostante quest’ultimo sia di due anni più anziano rispetto aI Saw the Devil [2010], già distribuito nei “penisolani” cinema? Misteri della fede.
In mancanza di risposte meglio accontentarsi di qualcosa di più rispetto al niente, quindi della certezza che il dittico Two Sisters [2005] – Bittersweet Life [2005] abbia fatto breccia, consegnando a Kim Jee-woon credito e credenziali nostrane, privilegio che molti dei suoi colleghi non hanno da un po’.
Il buono, il matto, il cattivo poco aggiunge e nulla toglie alla carriera del suo regista, tutt’ora indaffarato a districarsi tra un genere e l’altro [horror, noir, thriller, ora il western], ligio ai suoi pregi e parimenti ai suoi difetti.
Kim Jee-woon è uno di quei cineasti che possono, senza possibilità di smentita alcuna, essere definiti freddi, se non addirittura algidi. Il suo è un cinema estetico e stilizzato, pressoché perfetto dal punto di vista tecnico, decisamente meno efficace sul piano emozionale. Si prenda, ad esempio, la sua ultima fatica. Confezione registica e fotografica impeccabile, balbettante assai, invece, la costruzione dei personaggi, va bene debitori nei confronti dell’immortale classico di Sergio Leone, ma mai a portata di spettatore, perché intoccabili, lontani, inavvicinabili nonostante le continue citazioni alle quali le loro movenze rimandano. Nonostante ciò, Il buono il matto il cattivo piace, senza però conquistare del tutto, per quello che semplicemente è: un divertito e in buona parte riuscito esercizio di stile, che tutto centrifuga, senza mai stancare l’occhio. Con buona pace dei 130 minuti di durata, comunque necessari affinché le dinamiche di trama sciorinino tutto il loro potenziale, intaccati appena da un doppiaggio del quale non hanno responsabilità alcuna.
Insomma, l’ultimo Kim Jee-woon non sarà Sukiyaki Western Django [2007] di Takashi Miike, né Peace Hotel [1995] di Wai ka fai ma, fatte le dovute differenze e proporzioni di peso storico, non sfigurerebbe affatto un paio di gradini sotto C’era una volta in Cina e in America [1997] di Sammo Hung.
Luca Lombardini
Regia: Kim Jee-woon
Con: Kang-ho Song, Byung-hun Lee, Woo-sung Jung, Je-mun Yun
Uscita in sala in Italia: venerdì 16 novembre 2011
Sceneggiatura: Kim Jee-woon, Kim Min-suk
Produzione: Choi Jae-won, Kim Jee-woon
Distribuzione: Tucker Film [www.tickerfilm.com]
Anno: 2008
Durata: 120’