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CONTAGION di Steven Soderbergh

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Un colpo di tosse, uno starnuto, una semplice influenza che si trasforma nella causa di un improvviso e incomprensibile decesso. Memorie daL’Ombra dello Scorpione di Stephen King, romanzo che, assieme alla serie tv britannica Survivors, torna utile per inquadrare Contagion [2011] di Steven Soderbergh: precedenti di un certo peso storico e culturale, abbastanza popolari da introdurre la lettura della pellicola tra le righe di un filone sempre verde, meglio conosciuto come apocalittico.

Tante, troppe le produzioni che in passato si sono misurate con il tema in questione: un fardello di tradizione cinematografica che Contagion non è affatto in grado di sostenere, non di certo per mancanza di volontà o di idee [seppur non originalissime], bensì per un’assoluta ignoranza nei confronti di alcuni topoi e delle tecniche di messa in scena base che il sottogenere prevede. Soderbergh dirige un film aritmico, monocorde, emozionalmente piatto, quasi non ci fosse storia da raccontare o emozione da amplificare attraverso i registri drammatici a sua disposizione. Contagion scorre via inesorabilmente lento, come arreso ad una rassegnazione di fatto: non un movimento di macchina in grado di rapire l’occhio di chi guarda, non un passaggio capace di proiettare il cuore in gola, non un personaggio cui valga la pena affezionarsi, nonostante la parata di grandi nomi che affolla la sezione cast; spalmato su una durata prossima ai 105 minuti Contagion finisce inevitabilmente per annoiare.

Come in tutte le tipologie di racconto, anche in quello apocalittico esistono degli archetipi riconoscibili, dei codici da offrire allo spettatore affinché vengano decifrati, delle regole da rispettare: Soderbergh pare ignorare la prima categoria, essersi soffermato appena sulla seconda e disconoscere totalmente la terza, tanto che i momenti clou [le immagini del dopo catastrofe o le sequenze di delirio collettivo successive alla presa di coscienza del tasso di mortalità provocato dal virus da parte della popolazione] si contano nel migliore dei casi sulle dita di una mano, oppure vengono montati riservandogli la dignità del più tappabuchi dei “fegatelli”.

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Tutto resta in superficie, nulla viene approfondito. E se la fotografia del corpo umano sporco e portatore sano di infezioni resta più o meno giustificatamente sullo sfondo [difficile aggiungere qualcosa in più a quanto documentato da Robert Wise in Andromeda], miglior sorte filosofica meritava l’atteggiamento dell’uomo comune, qui costretto ad isolarsi anziché far gruppo contro il nemico invisibile come spesso abbiamo visto accadere. Con un materiale talmente vasto a disposizione era lecito fare e attendersi di più, tutto il contrario di quello che riesce a Soderbergh, incapace di firmare persino quello che una volta si sarebbe definito come un onesto film di cassetta.

Luca Lombardini

 

Regia: Steven Soderbergh

Con: Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Marillon Cotillard, Kate Winslet, Laurence Fishburne

Uscita in sala in Italia: venerdì 09 settembre 2011

Sceneggiatura: Scott Z. Burns

Produzione: Double Feature Films, Participant Media

Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Anno: 2011

Durata: 105’

InGenere Cinema

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