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THE LACK di Masbedo

thelack1Esplorare il “terreno spurio” che unisce cinema, teatro contemporaneo, performance e videoarte, attraverso opere che fanno dell’ibridazione e della sperimentazione audio-visiva il proprio “manifesto programmatico”. Il tutto, permettendo che la linfa vitale e i caratteri peculiari di ciascuna delle suddette pratiche si contaminino a vicenda senza soluzione di continuità, sino ad azzerare di fatto quelle linee invisibili di demarcazione che generalmente le separano. Ciò genera un “magma” di pixel e frequenze “incandescenti” che si riversano sullo schermo, dando vita di volta in volta a un’opera che non può, non deve, e soprattutto non vuole, trovare una precisa collocazione nello scacchiere dei generi. È quanto il “ventre autoriale” dei Masbedo ha da sempre cercato e saputo (pro)creare mediante l’interazione, lo scambio, l’intreccio simbiotico e la comunicazione tra le Arti e le sue manifestazioni.

The Lack, evento speciale delle Giornate degli Autori alla 71esima Mostra di Venezia, non fa eccezione, scegliendo consapevolmente, per volontà dei suoi stessi autori [il milanese Nicolò Massazza e il ligure Iacopo Bedogni, in arte Masbedo], di tirarsi fuori dal calderone traboccante della produzione per così dire classica e tradizionale.

Il risultato non può che essere una scheggia impazzita, o ancora un “[s]oggetto artistico” non meglio identificato che sfugge ad una precisa catalogazione, se non il corpus personale e riconoscibile per stile o contenuti nel quale va a collocarsi, ossia l’insieme delle singole opere realizzate da uno o da più autori facenti parte di un marchio. Un “credo” che collettivi tricolore come ZimmerFrei, Zapruder e gli stessi Masbedo, hanno sposato in tutto e per tutto, passando per un approccio alla materia visiva e sonora da cui scaturiscono forme inedite e linguaggi personali di cui i mezzi chiamati in causa sono parte integrante. Ne scaturisce un caleidoscopio che restituisce a sua volta, in una seducente frammentarietà, la complessità dell’esistenza umana e non solo. Tale scelta, però, va incontro a un possibile [per non dire probabile] rigetto da parte di un fruitore medio e popolare, a patto che il destinatario non sia al contrario di ben altro spessore e formazione. Croce e delizia, questa, di un modo di concepire e fare cinema a 360°, in assoluta libertà e anarchia creativa, senza piegarsi ai compromessi e alle esigenze commerciali imposti dal mercato.

The Lack 2Esperienza sensoriale prima che cinetica, The Lack si trova giocoforza a fare i conti con un esilio volontario che lo confina esclusivamente in contesti ben precisi, come può essere quello del circuito festivaliero, dal quale con molta difficoltà riuscirà ad evadere. Di conseguenza, si palesa agli occhi dello spettatore qualcosa di autoreferenziale che, al di là dei pregi che andremo di seguito a sottolineare, rimane fine a se stesso, poiché prigioniero dell’autorialità che l’ha generata. Questo ci appare come un ostacolo arduo da oltrepassare, a nostro avviso il tallone d’Achille dell’intera operazione. Si ha la sensazione di un percorso che insegue l’universalità di un tema, ma che decide poi di rivolgere quanto trattato solo a quei pochi pronti ad accoglierlo.

Quattro variazioni sul tema della “mancanza” che prendono forma e sostanza in altrettanti frammenti narrativamente esili e svuotati persino dalle parole, ma drammaturgicamente carichi di senso ed emozioni. Ci si trova sospesi fra realtà e immaginazione, astrattezza, simbologia e dimensione onirica, in habitat fisici o mentali non identificabili e senza tempo, animati da sei personaggi femminili in cerca di qualcosa o di qualcuno, o ancora che sognano di avere ciò che non possono avere/essere, ma anche alle prese con il disperato tentativo di fare a meno di quel qualcosa o di quel qualcuno che or sono era suo. L’abbandono, la perdita, l’assenza, la morte e la fuga, diventano i concetti chiave intorno ai quali ruota il film [su alcuni di questi aveva già riflettuto Sabrina Paravicini nel suo documentario Senza].

The Lack 3Un film fatto di corpi, che esplora le superfici dei corpi stessi per poi scavare oltre l’epidermide e penetrare nell’inconscio come accade nel secondo e quarto frammento. Corpi che vagano senza una meta. Tutto si perde in un assordante silenzio di una natura primitiva, anch’essa svuotata e ridotta a scenari scarni eppure mozzafiato [quelli dell’Islanda], sorti nel bel mezzo di un niente che simboleggia il vuoto interiore che affligge le protagoniste. E la mente non può tornare all’essenza stessa del cinema di Malick e in particolare a The Tree of Life. L’acqua e il vento appaiono elementi imprescindibili e presenti nei quattro frammenti, scomodati probabilmente per agevolare il processo di purificazione e spazzare via con onde e folate ciò che affligge, provocando dolore e sofferenza.

Quello offerto dai Masbedo è un film che ammalia e cattura grazie alla qualità e alla pregevolezza della confezione estetico-formale, impreziosita da un montaggio del suono e da un sound designer da brividi che esaltano ancora di più le innumerevoli soluzioni visive impresse dall’occhio dell’apparato filmico, anch’esse mai convenzionali. Una bellezza che purtroppo rimane cristallizzata, poiché messa al servizio di un’opera che come uno specchio riflette solo l’immagine di coloro che l’hanno voluta.

Francesco Del Grosso

THE LACK

3.5 Teschi

Regia: Masbedo

Con: Lea Mornar, Xin Wang, Giorgia Sinicorni, Ginevra Bulgari, Emanuela Villagrossi, Cinzia Brugnola, Sofia Di Negro

Uscita in sala in Italia: n.d.

Sceneggiatura: Beatrice Bulgari, Mitra Divshali, Masbedo

Produzione: In Between Art Film

Distribuzione: n.d.

Anno: 2014

Durata: 80′

 

 

InGenere Cinema

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