Home / Recensioni / In sala / EISENSTEIN IN MESSICO di Peter Greenaway

EISENSTEIN IN MESSICO di Peter Greenaway

eisenstein-in-messico-1Ho scoperto i film di Eisenstein per caso, quando avevo 17 anni. La sorpresa fu Sciopero, girato nel 1925 all’incredibile età di 27 anni, e mi rese impaziente di vedere tutti i film di questo regista per me sconosciuto: era il 1959 ed avevo trovato il mio primo eroe cinematografico.” Con queste parole il regista di culto Peter Greenaway racconta il suo primo incontro con il cinema di uno dei maestri assoluti della settima arte: Sergei Eisenstein, protagonista della sua ultima fatica, l’eccentrico, visionario e insolitamente leggero Eisenstein in Messico.

Nel 1931, al vertice della sua carriera, il regista sovietico Sergei Eisenstein è in Messico per girare un film. Incalzato dal regime stalinista, che vorrebbe richiamarlo in patria quanto prima, Eisenstein passa gli ultimi dieci giorni del suo viaggio nella cittadina di Guanajuato. Sarà qui, con la complicità della sua guida Palomono Canedo, che scoprirà molte cose sul Messico ma anche sulla propria sessualità ed identità di artista.

Diciamolo subito: Eisenstein in Messico è il film più solare e gioioso mai realizzato dell’autore inglese. Difficile immaginare che qualcosa del genere possa provenire da Greenaway, un regista che non ha mai trovato interesse per la leggerezza o la gioia – appunto – nel suo cinema. Eppure, questo ritratto del soggiorno messicano di Eisenstein è assolutamente coerente con l’idea di cinema che possiamo scorgere fin dal suo d’esordio con I misteri del giardino di Compton House.

eisenstein-in-messico-4C’è il suo stile, il suo amore per la sperimentazione visiva e concettuale, le sue ossessioni – tra tutte quella per il sesso e la morte – il suo linguaggio rigoroso e formale come quello di un pittore, l’estetica aggressiva e digitale. Tuttavia, questa volta Greenaway sembra trattare una materia che restituisce a lui per primo un senso di libertà e serenità, come se i dieci giorni che sconvolsero Eisenstein – aspetto sottolineato con forza durante tutto il film – in realtà rappresentino per il regista di Giochi nell’acqua una conquista di evasione che conduce alla leggerezza.

Non è la prima volta che Greenaway decide di raccontare l’arte attraverso la vita di un artista, ma questa volta sembra provare un’empatia maggiore per il suo protagonista, quasi una forma d’affetto per questo gigante del cinema, che giunto in Messico dalla Russia sovietica, inavvertitamente trovò sé stesso abbandonandosi ad uno stato di euforia inedito ed incontrollabile.

eisenstein-in-messico-3In fondo, il centro di questo progetto sta proprio nel suo protagonista e in come questo fu capace di non tirarsi indietro difronte al ciclone emotivo che lo stava investendo, sacrificando ad esso tutto, perfino il film che non riuscì mai a terminare, quel ¡Qué viva el México! che lo aveva portato fino a li. Il soggiorno di Guanajuato viene rappresentato da Greenaway come una sorta di pausa da tutto anche dal ruolo di cantore del regime che Eisenstein ricopriva in tutto il mondo.

A questa sensazione di assenza di scopo si abbandona il film stesso che preferisce soffermarsi sugli avvenimenti sentimentali ed intellettuali di quel viaggio, piuttosto che su quelli storici. Per l’intera proiezione lo spettatore assiste ad un biopic che elude costantemente le regole di questo sottogenere: Greenaway non è affascinato dal fallimento della produzione messicana di Eisenstein, tanto meno dal passato dell’artista ma si concentra – alla sua maniera – sui momenti di confusione che il regista sovietico affronta in questo viaggio.

eisenstein-in-messico-2La storia d’amore con la sua guida, ad esempio, viene fotografata come l’unico evento autentico su cui basare l’intero film, nonostante sia l’aspetto meno biografico di questa vicenda. Ed è proprio questa scelta che rende quest’ultima opera del regista inglese, quella più gioiosa e leggera, ovvero la decisione cosciente di descrivere un sentimento folgorante e poco razionale, che ha fondamenta nell’incoscienza più che nel coraggio e nell’effimero più che nel concreto. Ogni scelta di Eisenstein in quei dieci giorni viene presa dal cuore – o dalla pancia se preferite – piuttosto che dalla testa ed il risultato è quello di una sbronza di felicità ed allegria che sembra aver coinvolto anche il freddo e distaccato Peter Greenaway.

Paolo Gaudio

EISENSTEIN IN MESSICO

3 Teschi

Regia: Peter Greenaway

Con: Elmer Bäck, Luis Alberti, Maya Zapata

Uscita sala in Italia: giovedì 4 giugno 2015

Sceneggiatura: Peter Greenaway

Produzione: Submarine, Fu Works, Paloma Negra Films

Distribuzione: Teodora Film

Anno: 2015

Durata: 105′

InGenere Cinema

x

Check Also

Horror News [17-23 marzo 2023]

FINAL DESTINATION: BLOODLINES: SFUGGIRE ALLA MORTE UNA MISSIONE [IM]POSSIBILE Le telecamere si ...