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GUINEA PIG: La saga

guinea-pig-1Una celebre star di Hollywood, durante una festa, assiste ad una pellicola giapponese dove la violenza messa in scena è talmente disturbante e realistica che si convince di aver visionato un autentico snuff movie. Il passo successivo è quello di correre a denunciare il fatto direttamente all’FBI. L’indagine scatta ma si risolve con un buco nell’acqua: la produzione del film dimostra infatti che tutto il materiale girato è soltanto frutto di efficacissimi effetti speciali.

Correva l’anno 1991 e questo è, in breve, il resoconto di quanto accaduto all’attore hollywoodiano Charlie Sheen dopo aver assistito al secondo episodio dell’infame saga nipponica di Guinea Pig [tradotto letteralmente porcellino d’india/cavia per esperimenti]. La serie, composta da sei capitoli [più un settimo, Slaughter Special, che è una sorta di extra dove vengono assemblati i momenti più shock dei vari episodi], prende vita nel 1985 grazie al genio di tale Satoru Ogura, che dirige Devil’s Experiment, per certi versi una sorta di modello/capostipite per tutti i più moderni torture-porn.

Trattasi di un mediometraggio [poco più di una quarantina di minuti] in cui una poveretta viene malmenata e seviziata brutalmente da una banda di folli al solo scopo di misurare la soglia del dolore umano. Schiaffi, pugni, pelle strappata, ustioni e così via… Fino alla ciliegina finale in cui le viene estratto un occhio con un ago [scena realmente agghiacciante che diverrà una sorta di marchio della saga]. Stop. Tranne gli ottimi FX non c’è nient’altro da ricordare, se non un’attrice piuttosto fuori parte che fa di tutto per rendere decisamente poco credibili le proprie sofferenze [il che rende un prodotto già inutile di suo ancora più disarmante]. Niente storia, niente personaggi, niente empatia… solo una serie di efferatezze sempre più gratuite che, per lo spettatore meno sensibile, alla lunga finiscono soltanto per far sbuffare dalla noia. Il cinema è un’altra cosa.

guinea-pig-2Per il secondo capitolo, Flower of Flesh and Blood, lo script [?] e la regia passano il timone al fumettista Hideshi Hino, che prende ispirazione proprio dalle tavole di un suo manga e dirige quello che probabilmente è l’episodio più feroce e disgustoso dell’intera serie. Anche qui si mettono da parte fronzoli e orpelli narrativi per mostrarci immediatamente uno psicopatico vestito da samurai che ha rapito e segregato l’ennesima poveretta con il solo scopo di farla a pezzi [in questo caso nel senso letterale del termine]. Tutto qui. E a poco servono gli intermezzi in cui il folle si diletta nella recitazione di alcuni versi dal sapore quasi filosofico, rivelandosi da subito un goffo tentativo di conferire un minimo di spessore ad un prodotto che vuole essere solo e soltanto una sagra della macelleria più estrema. Valutato in quest’ottica, questo secondo episodio è probabilmente il fiore all’occhiello dell’intera saga: amputazioni, ossa estratte, ammassi di viscere, ettolitri di sangue e ovviamente la famigerata tortura sull’occhio, riproposta questa volta in chiave un tantino più estrema e malata. Niente da dire per quanto riguarda il comparto audio/visivo: sound terribilmente efficace [con tanto di rumore quasi assordante delle ossa mentre si spezzano] ed effetti speciali di primissimo livello. Questa volta gli interpreti se la cavano un tantino meglio: il samurai è praticamente monolitico, ma ottiene comunque un discreto impatto; la ragazza, senza infamia né lode, riesce almeno a non scadere nel ridicolo. Ad accrescere la fama di questo titolo, oltre alla già citata indagine dell’FBI, è anche il fatto che pare aver ispirato le gesta di un vero serial killer giapponese… Leggenda metropolitana?

Arrivati al terzo episodio, He Never Dies, cambia nuovamente la regia [Masayuki Kusumi] e per la prima volta si prova ad inserire un minimo di plot narrativo. Si assiste così alla vicenda di un impiegato annoiato e stressato che tenta di uccidersi nei modi più disparati, senza mai riuscirci. I momenti divertenti non mancano, così come alcune scene piuttosto brutali, sebbene il tasso di violenza sia sotto il livello di guardia per gli standard della serie. Data anche la breve durata, di sicuro non ci si annoia, ma la scelta di condire il tutto con una comicità becera e a tratti demenziale, potrebbe far storcere il naso ad un pubblico non avvezzo allo stile nipponico.

guinea-pig-3Il quarto capitolo, Mermaid in a Manhole, è diretto dallo stesso regista del secondo [che ancora una volta porta sullo schermo un suo fumetto] e probabilmente si tratta dell’unico titolo della saga davvero degno di nota. Questa volta la storia c’è e anche i personaggi: protagonista è un pittore che cerca di dimenticare il trauma per la perdita della moglie. Un giorno, percorrendo un tratto delle fogne, vede una sirena e si ricorda di averla già incontrata da bambino. Inizia così a realizzare un suo ritratto, quando si accorge che il corpo della creatura presenta una serie di orribili ferite. L’uomo decide quindi di rappresentare sul dipinto la sua atroce agonia. Il tentativo di unire il gusto per l’eccesso [anche stavolta in più di una scena si finisce per sudare freddo] con un malinconico romanticismo di fondo funziona benissimo e i due interpreti riescono a risultare piuttosto intensi. Sul piano tecnico siamo su ottimi livelli: regia solida, scenografia azzeccata e una sarabanda di eccellenti effetti ultra-gore. Per gli spettatori più impressionabili è anche questo un titolo da cui stare ben alla larga, per tutti gli altri una visione invece la merita.

Con il numero cinque, Android of Notre Dame [per la regia di Kazuhito Kuramoto], si torna purtroppo su uno standard qualitativo men che mediocre. L’intento era probabilmente quello di realizzare una sorta di risposta nipponica al piccolo [grande] cult Re-Animator di Stuart Gordon, ma il risultato è tra i peggiori della serie. Si racconta di uno scienziato alle prese con una serie di esperimenti mirati a trovare una cura per la sorella malata. Fino a che un uomo gli offre una cavia umana in cambio di denaro. Sarà l’inizio della solita mattanza. Questa volta, purtroppo, anche gli FX deludono e il tasso di violenza è comunque leggermente più soft rispetto a quanto visto fino ad ora. Il protagonista non è mai convincente e in più di un’occasione la scelta della linea ironica risulta davvero fuori luogo. Anche per i fans è tranquillamente evitabile.

guinea-pig-6Arrivati al sesto e ultimo titolo, Devil Woman Doctor, abbiamo ancora un nuovo regista [Hajime Tabe] e una connotazione grottesca/demenziale [per certi versi quasi trash] persino più marcata rispetto all’episodio precedente. La componente horror viene abbandonata del tutto per mettere in scena una storia tanto sopra le righe quanto ridicola, dove vengono narrate le imprese di un medico transessuale alle prese con una serie di pazienti dalle patologie piuttosto assurde [esplosioni per eccessi d’ira, peti che sembrano berciare e altre chicchette simili]. Peccato solo che nei momenti in cui ci si dovrebbe abbandonare alla risata, si ha a che fare con un gusto weird davvero oltre ogni limite. Pessimo e a tratti di cattivo gusto, è probabilmente il picco più basso dell’intera saga.

Lorenzo Paviano

GUINEA PIG – DEVIL’S EXPERIMENT

1 Teschi

Regia: Satoru Ogura

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1985

Durata: 43′ c.a.

GUINEA PIG – FLOWER OF FLESH AND BLOOD

2 Teschi

Regia: Hideshi Hino

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1985

Durata: 42′ c.a.

GUINEA PIG – HE NEVER DIES

2 Teschi

Regia: Masayuki Kuzumi

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1986

Durata: 39′ c.a.

GUINEA PIG – MERMAID IN A MANHOLE

3 Teschi

Regia: Hideshi Hino

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1988

Durata: 63′ c.a.

GUINEA PIG – ANDROID OF NOTRE DAME

1 Teschi

Regia: Kazuhito Kuramoto

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1988

Durata: 51′ c.a.

GUINEA PIG – DEVIL WOMAN DOCTOR

1 Teschi

Regia: Hajime Tabe

Produzione: Satoru Ogura

Anno: 1990

Durata: 52′ c.a.

InGenere Cinema

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