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PARTISAN di Ariel Kleiman

partisan1In una piccola comunità segreta, nascosta in una sorta di micro-baraccopoli – la cui collocazione geografica non viene mai specificata – Gregori [Vincent Cassel] è uomo segnato da turbe esistenziali infantili, che si prende cura di donne vittime di violenze – o reduci da abbandoni – e dei loro figli, seguendo regole etiche tutte sue.

In questo piccolo sistema sociale le donne si occupano di curare piccoli orti e allevare polli, mentre i bambini vengono educati da Gregori – per motivi a tratti economici e a tratti morali – a compiere omicidi: nello specifico vengono incaricati di uccidere uomini definiti dal loro folle mentore “cattivi”.

Una prima sequenza mostra un assaggio della nascita di questa idea di società, quando un giovane Gregori incontra Susanna [Florence Mezzara], giovane ragazza madre in dolce attesa di Alexander [Jeremy Chabriel].

Susanna e Alexander sono nel presente – insieme a Gregori – i fondatori di questa piccola società: Alexander è il più grande dei bambini e l’unico di loro che già si occupa di compiere omicidi al di fuori della baraccopoli [gli altri vengono soltanto allenati o preparati a farlo] e sua madre Susanna è il braccio destro dell’uomo, in dolce attesa – si intuisce – del suo secondogenito, futuro fratellino di Alexander e figlio del capobranco.

partisan2Tutto il film ruota intorno alla delicata fase di crescita del giovane Alexander – condizionata da diversi avvenimenti quali, appunto, l’arrivo di un fratello minore o il breve passaggio nella comunità di Oscar [Oscar Dahlberg] bambino diffidente e autarchico e, parallelamente, dall’implosione della creazione babelica di Gregori, personaggio che si rivela via via sempre più instabile ed incapace di conservare integra la sua opera.

Ispiratosi ad un fatto di cronaca riguardante alcuni casi di bambini/sicario in sud America, Ariel Kleiman ha scritto – a quattro mani con la sua compagna, Sarah Cyngler – un’operetta dall’aria verosimile con piccoli spunti surreali.

Già vincitore di svariati premi per i cortometraggi realizzati precedentemente, arriva col suo primo lungometraggio, Partisan, che vede come co-protagonista del giovanissimo Jeremy Chabriel il noto Vincent Cassel, nuovamente alle prese con un personaggio spiacevole e politicamente scorretto.

Sembra però ormai palese che, a furia di abituare generazioni di aspiranti registi alla realizzazione di cortometraggi che sono in realtà teaser – e che quindi alludono alla speranza di poter un giorno realizzare un lungometraggio – lo stile di questa nuova scuola filmica generi sempre più frequentemente lunghissimi teaser fini a se stessi.

partisan4Vincent Cassel di certo non delude e il suo inglese farlocco lo aiuta ad arricchire il suo personaggio e l’atmosfera distorta del film. Ma il vero prodigio qui è il giovane Chabriel: col suo sguardo sottile il ragazzo riesce a nascondere eppure a rivelare ogni sorta di pensiero caotico relativo alla sua difficile età.

Su questo Kleiman sa il fatto suo: la credibilità dei personaggi e i loro diversi caratteri sono resi al massimo dalle interpretazioni dei due attori e la costante evoluzione di questo duello faccia a faccia è la colonna portante di tutto il film.

Purtroppo, benché si parta da uno spunto molto interessante nonché carico di atmosfere assurde, profondamente rarefatte e pesanti da digerire, si cade poi in un girotondo di cui è vittima un affresco intelligente che diviene distolto, forse per via di una trama poco strutturata e un pochino deboluccia.

Ci si ritrova dunque ad indagare un contenitore ormai privo di contenuti, dove la suddetta trama sbattendo la testa contro le pareti si fa sempre più esile, anziché “sottile”, come promettevano le aspettative.

Buttato lì c’è qualche strascico di “punto di vista” del regista: un adulto che si presenta forte per poi decadere in un prevedibile infantilismo cronico e un bambino ambiguo che dalle meccaniche radici educative genera una sua personale morale che vuol essere sintomo di purezza, forse.

Ma tutta questa roba è già un cliché per questa generazione di filmmakers: trionfano costantemente storie strutturate sulla falsa righa del greco Kynodontas [Doghooth] con un po’ di citazionismo tarantiniano, eppure sempre prive di una vera e propria identità stilistica.

partisan3Kleiman sembra il tipico giovane elogiato dalla critica che dedica le sue attenzioni solo ed esclusivamente alla stessa critica che lo ha elogiato, lanciando qua e là timidi sguardi anche allo spettatore che – se disinteressato dagli intellettualismi cronici – godrà in qualche sequenza dell’adrenalina caustica generata dall’idea di un bambino-sicario.

La sensazione definitiva è quella di aver davanti un qualcosa di decisamente ben fatto che sorregge in perfetto equilibrio i poli opposti del bene e del male, del bello e del brutto, del saggio e dell’inesperto, del decaduto e dell’acerbo.

Ma forse sarebbe il caso di abbandonare questo equilibrio e dedicarsi piuttosto a qualcosa di estremo che, di recente, presenzia sempre più raramente sul grande schermo.

Francesco Rita

PARTISAN

3 Teschi

Regia: Ariel Kleiman

Con: Vincent Cassel, Nigel Barber, Jeremy Chabriel, Florence Mezzara

Uscita in sala in Italia: giovedì 27 agosto 2015

Sceneggiatura: Ariel Kleiman, Sarah Cyngler

Produzione: Animal Kingdom, Warp Films Australia

Distribuzione: I Wonders Pictures

Anno: 2015

Durata: 98′

InGenere Cinema

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